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Incertarum fabularum fragmenta (fr. 73)

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Interpretazione Simili scene di ‘violenza’ non sono infrequenti in commedia
(vd. infra). Singolare è però lo schema metrico del frammento che, se l’ordina-
mento di Erfurdt è corretto, ci proietta nell’ambito dello πνίγος.361
Una suggestiva chiave di lettura del passo è stata proposta in tempi recenti
da Storey (FOC III, p. 77 η. 1), che ha suggerito di leggere i versi alla luce di
Eup. fr. 271.1, in cui un personaggio - «very probably Dionysus» - chiede
di poter μασάσθαι Ναξίας άμυγδάλας. Se - ipotizza lo studioso - anche la
persona loquens del frammento di Frinico va identificata con il dio del teatro,
«then we might assign this fragment to Cronus (cf. FIO) and see it as another
instance of thè comic ili-treatment of Dionysus».
1 γομφίους Deve essere sottinteso l’accusativo plurale όδόντας. Si
tratta di una vox attica, come conferma Moer. γ 12: γομφίους Αττικοί· μύλους
Έλληνες; cfr. inoltre Phryn. PS, p. 61.1-4 (ma il vocabolo è attestato anche nel
dialetto dorico: cfr., e.g., Epich. fr. 18.3). Il termine designa i “denti molari”, vale
a dire quei denti che, disposti nell’uomo nel settore posteriore delle due arcate
dentarie, hanno la specifica funzione di tritare e/o di sminuzzare il cibo. Nel
processo di esagerazione comica, la perdita di “tutti quanti” (cfr. l’accusativo
plurale άπαντας in enjambement al v. 2) i molari, a seguito di una violenta per-
cossa (έξέκοψεν: v. 3), costituisce un motivo di lamentela da parte della persona
loquens, che, senza più quei denti naturalmente predisposti alla triturazione,
non potrà più rompere il guscio delle famose mandorle di Nasso (vv. 3-4).
2 έξέκοψεν Un’analoga immagine ricorre in Ar. Ra. 546έ>-548: έκ τής
γνάθου / πύξ πατάξας μούξέκοψε / τούς χορούς τούς προσθίους (si parla
però di “denti incisivi”); cfr. inoltre Ra. 572-573: ώς ήδέως άν σου λίθω τούς
γομφίους / κόπτοιμ’ άν (“quanto mi piacerebbe colpirgli con un sasso i mo-
lari”). Un illustre antecedente letterario va individuato in Od. XVIII.27-29,
nella celebre scena in cui Irò immagina di lottare contro Odisseo: óv άν κακά
μητισοάμην / κόπτων άμφοτέρησι, χαμαί δε κε πάντας όδόντας / γναθμών
έξελάσαιμι (“potrei ridurlo male colpendolo con entrambe le mani e potrei
strappargli tutti i denti dalle mascelle”); cfr. anche Hippon. fr. 132 Deg\
([= 73.4-5 W2.]; con Degani 1972, pp. 113-124; in particolare, vd. p. 123) e Ar.
Lys. 361. Sulla valenza del verbo semplice κόπτω nella commedia aristofanea
vd. ora Campagner 2001, p. 194.

361 Cfr. Gelzer 1960, p. 280: «Einem iambischen Pnigos entstammt wohl auch F. 68 des
Phrynichos mit seiner ubertreibenden Grobheit». Per altri esempi in commedia
di πνίγοι formati da sistemi di dimetri giambici chiusi da catalessi cfr., e.g., Ar.
Eq. 367-381 (agone I), 911-940 (agone II), Nu. 1089-1104 (agone I), 1386-1390,
1445-1451 (agone II), Ra. 971-991.
 
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