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Incertarum fabularum fragmenta (fr. 76)

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Menelao ricorda a Tindaro come l’ira mal si addica alla vecchiaia: όργή γάρ
άμα σου καί το γέρας ού σοφόν; vd. anche Soph. fr. 894: όργή γέροντας ώστε
μαλθακή κοπίς / |έν χειρί θήγειψ, έν τάχει δ’ αμβλύνεται.
άναπηροβίων Collocato in posizione enfatica nel verso, subito dopo
la cesura maschile, il vocabolo è un composto aggettivale formato sulla base
dell’aggettivo ανάπηρος (da άνά [prefisso con valore intensivo) + πηρός,
“storpio”, “mutilato”) e del sostantivo βίος (“vita”), ed è traducibile con
espressioni quali “che vive una vita storpiata” e, lato sensu, “che vive una vita
rovinata” (cfr. LSJ, s. v., p. 116: «xvith maimed life»). Per tale composto non
sono note ulteriori occorrenze in letteratura; il che ha indotto Schmid (1946,
p. 141 n. 2) e Willi (2010, p. 506) a ritenere che il termine sia un possibile conio
linguistico del commediografo. Analoghi composti aggettivali in -βιος sono
le lexeis comiche άμαυρόβιος (“che vive una vita oscura, tenebrosa”), attestata
in Ar. Av. 685 (il confronto tra questo passo e il frammento di Frinico veniva
istituito già da Reitzenstein [1907, p. xxi n. 1]), e αύχμηρόβιος (“che vive una
vita squallida”), il cui impiego è documentato in Plato Com. fr. 265; cfr. inoltre
Ar. fr. 766: άλειφόβιος (“che vive ungendo (i lottatori)”; per il termine e per
il suo significato vd. Campagner 2001, s. v., p. 64); vd. poi Men. Dysc. 661-662
(εϋχεσθε τον γέροντα σωθήναι - κακώς, / ανάπηρον όντα, χωλόν [“pregate
che il vecchio si salvi, ma resti storpio, azzoppato - maledizione!”]) e Is. fr. 10
Roussel (= fr. v Thalheim: κατέλιπεν έν τω χωρίω γέροντας καί άναπήρους
[“lasciò nella regione vecchi e storpi”]) per l’associazione tra vecchiaia e con-
cetto di menomazione fisica.

fr. 76 (70 K.)
ά δ’ άνάγκη ’σθ’ ίερεύσιν καθαρεύειν φράσομεν
ά δ’ Α: ά δ’ I | άνάγχη ’σθ’ Τ. Bergk, ap. Meineke FCG ILI, ρ. 606: άνάγκασθ’ ΑΙ |
ίερεύσιν Giunti 1526, ρ. 29: ίερεύσι ΑΙ
ciò che è necessario ai sacerdoti per essere puri noi diremo
Heph. Ench. 12. 3
των δέ έν τω μετρώ (scil. έν τω άπ’ έλάσσονος ίωνικω μετρώ) μεγεθών τό μέν έπι-
σημότατόν έστι τό τετράμετρον καταληκτικόν, οίόν έστι τό Φρύνιχου τού τραγικού
τουτί·... καί παρά Φρυνίχω τω κωμικω (κωμι in rasura ex τραγί Α2)· “ά δ’ — φράσομεν”
e tra le misure (di verso) nel metro (ionico a minore) il più degno di menzione è il
tetrametro catalettico, qual è questo (verso) qui del poeta tragico Frinico (TrGFl, 3 F
14): ... e nel poeta comico Frinico: ...
 
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