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Incertarum fabularum fragmenta (fr. 78)

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Lamprede. In tempi recenti, Sgobbi (2006, p. 292) si è fatto invece sostenitore
dell’idea che il testo tràdito non vada toccato e che la suddetta contraddizione
relativa al nome del commediografo possa essere superata intendendo che
Eratostene, probabilmente in una sezione del suo Περί τής αρχαίας κωμωδίας,
abbia citato un passo di un dramma di Frinico in cui si faceva menzione dell’in-
no a Pallade e lo si attribuiva esplicitamente a Lamprede: a parere di Sgobbi, le
parole Φρύνιχος δέ αύτού τούτου τού άσματος μνημονεύει ώς Λαμπροκλέους
δντος potrebbero essere una «spiegazione» dell’affermazione con cui si apre
lo scolio, αρχή άσματος Φρυνίχου, ώς Ερατοσθένης φησίν, e nascondere una
notizia desunta da Eratostene, il quale avrebbe assegnato il canto a Lamprede,
sulla base della testimonianza di Frinico. Un’identica ricostruzione viene avan-
zata dallo studioso anche a proposito dello scolio estense ((b)), che si apre ex
abrupto (di qui la decisione di Holwerda [1977, p. 186] di porre una lacuna)
con la menzione di Eratostene, cui segue la citazione di Frinico. Più complessa
è invece la situazione testuale relativa alla testimonianza su Cameleonte, che
potrebbe forse contenere più notizie sovrapposte fra loro in maniera confusa
(per un’analisi dello status quaestionis cfr. Sgobbi 2006, pp. 289-290, 293-296).
Di non agevole comprensione, a causa della lacunosità del passo, è la testimo-
nianza di P.Oxy. 1611 ((c)). In essa è chiara la menzione del nome di Frinico,
anche se purtroppo sfugge il contesto in cui doveva essere calata. Sembra
inoltre prospettabile una restituzione del nome di Eratostene al nominativo
(vd., supra, ad n. 371), seguito a breve distanza dal nome di Frinico in caso
genitivo (vd., supra, ad n. 373), a cui segue, dopo una lacuna di circa cinque
lettere, il primo termine leggibile nella sua interezza, il participio al nomina-
tivo αφηγούμενος, dopo il quale, per quanto non immediatamente, inizia la
citazione dell’inno a Pallade. Accogliendo come plausibile l’integrazione del
nome di Eratostene, il verbo άφηγέομαι avrebbe così il suo soggetto: l’erudito
avrebbe “esposto” la questione della paternità dell’ode nell’ambito di una sua
analisi critica, dove trovava forse spazio un riferimento all’opera “di Frinico”
(vd., supra, ad nn. 372-373), in cui si faceva menzione del canto. Nella parte
meglio conservata il papiro conferma a chiare lettere che Frinico era alla base
dell’attribuzione dell’inno a Lamprocle e, nel contempo, registra la posizione
incerta di Cameleonte.
Interpretazione Senza entrare troppo nel merito sulla vexatissima quaestio
della paternità e dell’effettivo testo dell’inno (per cui si rimanda al recente
contributo di Sgobbi [2006]), è opportuno, in questa sede, chiarire quale ruo-
lo avesse il poeta comico rispetto all’ode, come fonte d’informazioni ovvero
come possibile autore. Quest’ultima possibilità, sostenuta dallo scoliaste a Elio
Aristide ((d)) e da Giovanni Tzetzes, va tuttavia esclusa, in quanto indicativa
 
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