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362

Phrynichos

fr. 86 (6 Dem.)
Phot, [b, z] a. 1663
άνασκυζάν· έπί τοΰ έξοιστρεΐν καί άκολασταίνειν. καί έκσκυζάν Κρατΐνος, Φρύνιχος
(Αφρ- b, A rubrum) δέ σκυζάν εφη (εφη om. b)
anaskyzàn (= “essere di nuovo in foia”; Com.Adesp. fr. *485): (sta) per exoistreìn (=
“essere in preda a frenesia”) e akolastainein (= “essere intemperante”). Gratino (dice)
anche ekskyzàn (= “essere in foia”; fr. 447), mentre Frinico fa uso di s k y z à n (= “essere
in foia”)

Bibliografia Reitzenstein 1907, pp. xxi, 122; Demiahczuk 1912, p. 75 [fr. dub.
6]; Edmonds FACI, pp. 472-473 [fr. dub. 90A]; Taillardat 1965, p. 161 n. 2 [ad
§ 303); Komornicka 1981, p. 63; Kassel/Austin PCGVII p. 429; Storey FOCIII,
p. 79
Contesto della citazione Nel ‘nuovo’ Fozio tramandato dai codici b e z si
documenta l’occorrenza, in Frinico, del verbo σκυζάν.
Attribuzione Attribuito al poeta comico da Reitzenstein (1907, p. xxi), il
frammento fu inserito con riserva nelle sillogi di Demiaiiczuk (1912, p. 75) e
di Edmonds (FACI, pp. 472-473), i quali, sulla scorta del passo di Phryn. PS,
p. 18.13-18 (per cui vd. infra) non escludevano la possibilità di assegnare la
citazione al grammatico.
Interpretazione II frammento sembrerebbe inserirsi in quel trend comi-
co - che, forse, risentiva anche degli influssi della Volkssprache - consistente
neH’attingere dal lessico zoologico termini ovvero locuzioni mediante cui indi-
care, attraverso un processo di degradatio ‘animalesca’ e con intenti ingiuriosi,
l’appetito sessuale delle donne. Il verbo σκυζάω è impiegato da Aristotele in
una sezione definitoria del VI libro delle Ricerche sugli animali per designare
l’estro sessuale delle giumente (cfr. HA VI. 572a.29) e delle cagne (cfr. HA VI.
572b.25, 574a.3O, 574b. 1 ; vd. inoltre Ar.Byz. Epit. 2. 169 Lambros, e cfr. inoltre
Epit. 2. 454 Lambros, in cui il vocabolo è riferito alle cammelle); dal grammati-
co Frinico (PS, p. 18.13-15) veniamo tuttavia informati che, nell’uso linguistico
attico, il verbo era applicato alle donne (in particolare, a quelle di giovane età:
τίθεται έπί των νεωτέρων ή παίδων ή γυναικών), per indicarne l’irrefrenabile
desiderio sessuale (σκυζάν μεν έστιν το προς τό πάσχειν όργάν): alla luce di
questi dati, non sembra dunque insensato immaginare per il verbo σκυζάω un
passaggio semantico analogo a quello che interessò il denominale καπράω (da
κάπρος, “cinghiale”, “verro”: vd., supra, ad fr. 34), che, impiegato specificamen-
te in riferimento all’“essere in calore” della scrofa (cfr., e.g., Arist. HA 572b.l4),
 
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