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Phrynichos

(νν. 9 10), si era vendicato vaticinandogli il suo triste e cruento fato (v. 13).380
Proprio per evitare tale sorte, il vecchio Crono - rivela Rea - ha deciso di
sbarazzarsi di tutti i suoi figli appena nati: a differenza però della narrazione
esiodea, i futuri olimpici non vengono deglutiti dal titano, ma - sempre nel
rispetto del processo di stravolgimento del modello mitico - vengono condotti
a Megara e venduti come schiavi, fruttando al dio un lauto guadagno, che viene
però malamente sperperato (v. 7: τούτο πωλών έσθίει), con tutto il disappunto
della stessa Rea.
Il racconto diegetico dei fatti, che prende avvio dal v. 3, viene sviluppato
da Rea secondo un continuo intrecciarsi di due distinti piani narrativi, che
afferiscono, da un lato, alla vicenda mitica e, dall’altro, alla trasposizione del-
lo stesso episodio in una realtà quotidiana, “ateniese” (e, dunque, più vicina
al pubblico presente a teatro):381 al primo filone diegetico, quello pertinente
cioè all’episodio mitologico, rinviano i vv. 3-4: πάντα poi γέρων Κρ[όνος / τά
παιδί’ έκπίνει τε καί κατεσθίει, il ν. 8: δέδοικε γάρ τον χρησμόν, e i νν. 13-14:
(έχρησε[ν) έκ τής βασιλείας δ’ έκπεσεΐν υπό π[αιδίου. / τοΰ]τ’ ούν δεδοι-
κώς πάντα καταπί[νει τέκνα; mentre al secondo filone narrativo, quello cioè
afferente alla vicenda ‘umanizzata’, appartengono i vv. 5-7: έμοί δε τούτων
προσδίδωσιν ούδέ έν, / άλλ’ αύτός έρδει χειρί καί Μεγαράδ’ άγων / δ τι αν
τέκω ’γώ τούτο πωλών έσθίει, e i νν. 9-12: έχρησε γάρ Κρόνω ποθ’ Απόλλων
δραχ[μήν, / κάτ’ ούκ άπέλαβε. ταύτα δή θυμόν πνέ[ων / έτέραν έχρησε[ν
ούκέτι] δρα[χ]μώ[ν ά]ξ[ίαν, / ού σκευάρια, μά τον Δί’, ούδέ χρήματα. La
bravura del poeta si esplicita dunque nella capacità di “amalgamare”, in una
porzione di testo molto ridotta (poco più di dieci versi), le due diverse storie,
attraverso un sapiente gioco di incastri, di arguti giochi di parole e di rimandi

380 Naturalmente il pubblico, che conosceva bene il mito, non faceva caso agli stravol-
gimenti della vicenda; così come non avrebbe badato al fatto che il vaticinio fosse
fatto da Apollo (e non da Gaia e Urano), la cui nascita si colloca tradizionalmente
dopo la lotta che oppose Zeus al padre: tutto era concesso a fini comici. In merito
vd. Nesselrath 1995, pp. 24-25; Olson 2007, p. 126 [ad Cl],
381 Nella realizzazione della detorsio comica le figure divine di Rea e di Crono subiscono
un processo di ‘umanizzazione’, venendo di fatto equiparate a una coppia di sposi,
a «Due Ateniesi» (Cervelli 1951, p. 237). In particolare, «Cronus is reduced to thè
pathetic figure of a callous and avaricious drunkard; Rhea makes herself look not
very much better by her own words (she is ranting and lamenting not because her
belve children are so cruelly treated, but because she gets none of thè money that
Cronus pockets for thè sale of them)»; ad essi si aggiunge, inoltre, il personaggio di
Apollo, che il poeta sceglie di raffigurare come «an immature choleric» (Nesselrath
1995, p. 25).
 
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