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Phrynichos

figura di Incubus o Incubo^2), si riteneva personificasse l’incubo.* * * * * * * * * 52 53 Sempre al
«periodo alessandrino», secondo Arena (1974, p. 310), andrebbe inoltre ascrit-
to il processo di contaminazione semantica tra il nome dell’incubo e il nome
ήπίαλος, che indicava il “brivido che precede la febbre (malarica)” (cfr. Ar.
fr. 346.1: ήπίαλος πυρετού πρόδρομος; Phot, η 213: ήπίαλος· ό ριγοπύρετος
[con Theodoridis, ad loc.]) e, per estensione, la stessa “febbre (malarica)”:54
sul demone Epialtès/Ephialtes vd. Tumpel 1905; Kroll 1916; Prescendi 1998.

inoltre i seguenti epiteti: ό πνιγαλίων (cfr. Ael.Dion. η *12 [= Phot, η 214; Eust. in
II. p. 561.17]); ό έπιπηδών (cfr. Hsch. ε 7472). Sulla forma corrotta Εϋοπαν attestata
dallo schol. [VE; Aid.] Ar. V. 1038a (= Didym. p. 51 n. 1) vd. le notazioni di Schmidt
(1854, pp. 51-52 n. 1) e di Koster (1978, p. 166). In epoca bizantina, questo essere
sovrannaturale sarà conosciuto con l’appellativo di Βαβουτζικάριος (cfr. Suid. ε
3909) ovvero Βαβουτζικάρης (cfr. Ps.-Zonar. p. 927.6-7) e di Βαρυχνάς (cfr. Eust. in
II. p. 561.9; vd. inoltre PselL, ap. Du Cange I, s. v., p. 179). Per una rassegna delle varie
denominazioni del demone si rimanda al datato, ma ancora fondamentale studio di
Roscher (1900, pp. 48-65 [= 1972, pp. 45-57]); vd. inoltre Arena 1974, pp. 294-300.
52 Cfr. Artem. IL 37: ó [...] Εφιάλτης ό αυτός είναι τώ Πανί νενόμισται; Serv. A. VI.775
(= II, ρ. 109.17-22 Thilo - Hagen): Castrumque Inni} una est in Italia civitas, quae
castrum novum dicitur: de hac autem ait ‘castrum Inai’, id est Panos, qui illic colitur.
Inuus autem latine appellatur, graeceTlàv: itemΕφιάλτης graece, latine Incubo: idem
Faunus, idem Fatuus, Fatuclus. dicitur autem Inuus ab ineundopassim cum omnibus
animalibus, unde et Incubo dicitur, vd. inoltre Isid. Orig. Vili. 11. 103-104.
53 A partire dall’età romana e, soprattutto, dall’età bizantina, con il progressivo svi-
luppo delle arti mediche e il riconoscimento della natura patologica dell’incubo,
il nome del demone passò a designare, nella trattatistica medica, l’incubo inteso
come “malattia” del sonno (νόσος ισχυρά lo definisce, per es., il medico di IV secolo
d. C. Oribasio, Syn. Vili. 2. 1 [= CMG VI.3, p. 245.3 Ràder]), la cui genesi era fisiolo-
gicamente connessa alle esalazioni fredde che, prodottesi nello stomaco di chi era
vittima di disturbi digestivi (cfr. Eust. in II. p. 561.8: άλλα καί επί πάθους ή λέξις [=
Εφιάλτης] κεΐται στομαχικού), giungevano fino al cervello (cfr. Suid. ε 3909: ή εις
τήν κεφαλήν άνατρέχουσα άναθυμίασις έξ άδηφαγίας καί άπεψίας παρά ίατροϊς
εφιάλτης λέγεται), provocando un graduale intorpidimento dei sensi e quelle sen-
sazioni di oppressione e soffocamento attribuite dalle credenze popolari al demone.
È stato messo in luce da Urso (1998, pp. 46-47) che l’individuazione della natura
patologica dell’incubo non comportò l’elaborazione di una nuova terminologia
specialistica: i medici continuarono a servirsi di «alcune delle denominazioni già
elaborate dall’immaginario popolare per l’essere demonico, privilegiando chi una
forma, chi l’altra, senza che un nosonimo finisse col prevalere in maniera netta e
definitiva» (nelle fonti si registra però una certa predilezione per i nomi εφιάλτης
ed επωφελής, mentre la forma psilotica έπιάλτης non risulta mai attestata).
54 Cfr. Eust. in II. p. 561.17: έπιάλτης ό πνιγαλίων υπό τινων, ό δ’ αυτός καί ήπίαλος, in
Od. ρ. 1687.52: ΕφιάλτηνΈπιάλτην [...] καί Ηπίαλόν τινες έλεγον, [...] Ήπίαλος ού
 
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