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Phrynichos

“voce” di chi parla per ispirazione divina (cfr., e.g., II. 11.489) ovvero il “vaticinio”
di veggenti e di oracoli (cfr., e.g., Soph. OT 426-427, OC 603). Nel passo in
questione στόμα vale come sinonimo di “modo di parlare/esprimersi” (cfr. le
traduzioni del vocabolo offerte da Edmonds [E4CI, p. 455): «mode of speech»,
e da Storey [FOC III, p. 55]: «way of speaking»); un senso non infrequente
nella poesia comica di quinto secolo: nell’Aristofane conservato, per es., στόμα
designa non di rado la “bocca”, intesa come “stile”, “eloquenza”, dei tre grandi
tragediografi (Eschilo: Ra. 837; Sofocle: fr. 598; Euripide: fr. 488.1; cfr. inoltre Ra.
880) ovvero di altri poeti rivali (cfr. Eq. 539: si parla della bocca di Cratete): sul
valore di στόμα nella produzione comica superstite, con particolare attenzione
al lessico aristofaneo, cfr. ora Beta 2004, pp. 45-47.
σε(σ)έλλισαι 2a persona singolare del perfetto medio di σελλίζομαι (il
verbo ha anche una diatesi attiva, attestata esclusivamente nei lessici). Glossato
come sinonimo di -ψελλιζεσθαι (“parlare confusamente”, “balbettare”: cfr.
Lycophron fr. 122 Strecker, ap. Phot. p. 507.11-12 P. = Suid. σ 259 = Apostol.
15. 41 [= CPG II, p. 640.12-13]; Hdn., GrGr IILii, p. 579.29; Hsch. σ 392), di
άλαζονεύεσθαι (“fare il fanfarone”, “vantarsi”: cfr. gli scholl. Ar. Av. 823a.a-P;
Hsch. σ 438 [vd. inoltre σ 392]; Suid. Θ 81, σ 259, 210) ovvero di σκώπτειν
(“scherzare”, “prendere in giro”, “farsi beffe di”: cfr. Hsch. σ 438), il verbo, fatta
eccezione per il passo di Frinico, non è altrimenti attestato in ambito lette-
rario. Si tratta con buona verosimiglianza di una neoformazione comica (da
ascriversi forse allo stesso Frinico: così ipotizza, per es., Schmid [1946, p. 141
n. 2]), modellata sul nome Σέλλος: spesso ricorrente in Aristofane, che lo usa
come patronimico di un tale Eschine (cfr. V. 1243; al v. 459 delle Vespe, lo stesso
personaggio è detto “figlio di Sellarzio”, Σελλάρτιος: sul passo cfr. MacDowell
1971, pp. 195-196) e di Aminia (cfr. V. 1267a), due noti sbruffoni dell·Atene
di fine quinto secolo, il nome Σέλλος deve considerarsi uno speaking name
che - come è stato messo bene in luce da Meineke (FCG ILI, p. 585) - serviva
a indicare convenzionalmente il tipo del “fanfarone”; un nomen fictum, il cui
illustre antecedente letterario sarebbe da cogliersi, secondo la maggior parte
della critica, nell’epiteto Σελλη'ίδης (i.e. Σελ<λ}έως υιός: così Esichio [σ 391]
glossa il termine), riferito da Archiloco aU’indovino-aZazdn Batusiade (fr. 183
W2.) e probabilmente ideato dal giambografo pario sul modello dell’omerico
Σελλοί, vocabolo mediante cui, in II. XVI.234-235, vengono designati i sacerdoti
del santuario di Zeus a Dodona (per la derivazione del patronimico Σελλη'ίδης
da Σελλοί cfr. le notazioni di Ribbeck [1882, p. 14]). Sui falsi patronimici in
commedia cfr. l’utile selezione bibliografica offerta da Neri (1994, p. 230 n. 56);
e vd. anche Cannatà 1998 (in particolare, pp. 203-204 con n. 32); sul nomen
fictum Σέλλος cfr. Taillardat 1965, p. 299 [ad § 519]; Kanavou 2011, pp. 90-91
con n. 397.
 
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