Ποάστριαι (fr. 44)
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termine έξούλης, mutuata da Frinico. Più in là si spingeva G. Kaibel (ap. PCG
VII, p. 414), il quale estendeva il debito contratto da Aristide con il comme-
diografo anche alle γράες, identificate dallo studioso - «satis audacter» (così
Kassel/Austin) - con le Sarchiatrici che davano il titolo alla pièce di Frinico
(«vetulae illae fortasse ipsae αί ποάστριαι fuerunt»),
έξούλης Nel sistema processuale ateniese, con il nome di έξούλης (deve
essere sottinteso il sostantivo δίκη) si indicava un’azione giudiziaria pertinente
all’ambito penale (era infatti un αγών τιμητός, cioè un processo in cui la legge
non prevedeva una pena o una multa già fissate in precedenza), esperibile, in
linea di massima, da qualunque cittadino che si fosse trovato in almeno una
delle seguenti quattro condizioni: (1) se, pur autorizzato per legge (da una
sentenza di tribunale ovvero da un arbitrato privato) a prendere e/o recuperare
il possesso di un terreno (o di un qualsiasi bene mobile: Arpocrazione ricorre
alla generica espressione τά ’ίδια), si fosse visto negare materialmente questo
diritto da un altro cittadino che avesse opposto resistenza alla confisca; (2)
se fosse stato creditore autorizzato a eseguire un pignoramento e il debitore
avesse rifiutato di cedere il bene ipotecato; (3) se fosse stato “erede legitti-
mo” (γνήσιος) di un creditore pignoratizio deceduto che non avesse ancora
riscosso il debito; (4) se avesse acquistato una proprietà dallo Stato ovvero
l’avesse venduta a quest’ultimo e il precedente usufruttuario si fosse opposto
allo sfratto. Nel caso in cui il convenuto (chi subiva il processo) fosse stato
riconosciuto colpevole, questi non soltanto era tenuto a rendere all’attore
(colui che intentava il processo) la proprietà contesa, ma doveva inoltre pagare
allo Stato un indennizzo pari al valore dell’oggetto della controversia: sulla
δίκη έξούλης cfr. Lipsius II, pp. 664-673 (vd. in particolare p. 665); Rabel 1915;
Paoli 1936 [= 1976]; MacDowell 1962, pp. 108-109 (vd. inoltre MacDowell
1978, pp. 153-154); Harrison I, pp. 217-219, 311-312 [= 2001, I, pp. 223-225,
314-315],
di Meineke (cfr. Meineke FCG V.l, pp. ccclxiii- ccclxiv). Sul fondamento di Jacobi,
il frammento (edito come ταΐς γραυσίν έξούλης όφλεΐν) è quindi entrato nelle
sillogi comiche di Kock (CAFIII, p. 524, che lo riferisce a Frinico), di Edmonds (EAC
III.A, pp. 462-463) e di Kassel/Austin (PCG Vili, p. 33, i quali riportano la sopra
citata pericope aristidea, stampando con una spaziatura maggiore le parole τάϊς
γραυσίν e έξούλης όφλεΐν). Contro la possibilità che il passo di Aristide contenga
una ripresa comica si è recentemente espressa - con argomentazioni convincen-
ti - Lorenzoni (2009, pp. 254-258).
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termine έξούλης, mutuata da Frinico. Più in là si spingeva G. Kaibel (ap. PCG
VII, p. 414), il quale estendeva il debito contratto da Aristide con il comme-
diografo anche alle γράες, identificate dallo studioso - «satis audacter» (così
Kassel/Austin) - con le Sarchiatrici che davano il titolo alla pièce di Frinico
(«vetulae illae fortasse ipsae αί ποάστριαι fuerunt»),
έξούλης Nel sistema processuale ateniese, con il nome di έξούλης (deve
essere sottinteso il sostantivo δίκη) si indicava un’azione giudiziaria pertinente
all’ambito penale (era infatti un αγών τιμητός, cioè un processo in cui la legge
non prevedeva una pena o una multa già fissate in precedenza), esperibile, in
linea di massima, da qualunque cittadino che si fosse trovato in almeno una
delle seguenti quattro condizioni: (1) se, pur autorizzato per legge (da una
sentenza di tribunale ovvero da un arbitrato privato) a prendere e/o recuperare
il possesso di un terreno (o di un qualsiasi bene mobile: Arpocrazione ricorre
alla generica espressione τά ’ίδια), si fosse visto negare materialmente questo
diritto da un altro cittadino che avesse opposto resistenza alla confisca; (2)
se fosse stato creditore autorizzato a eseguire un pignoramento e il debitore
avesse rifiutato di cedere il bene ipotecato; (3) se fosse stato “erede legitti-
mo” (γνήσιος) di un creditore pignoratizio deceduto che non avesse ancora
riscosso il debito; (4) se avesse acquistato una proprietà dallo Stato ovvero
l’avesse venduta a quest’ultimo e il precedente usufruttuario si fosse opposto
allo sfratto. Nel caso in cui il convenuto (chi subiva il processo) fosse stato
riconosciuto colpevole, questi non soltanto era tenuto a rendere all’attore
(colui che intentava il processo) la proprietà contesa, ma doveva inoltre pagare
allo Stato un indennizzo pari al valore dell’oggetto della controversia: sulla
δίκη έξούλης cfr. Lipsius II, pp. 664-673 (vd. in particolare p. 665); Rabel 1915;
Paoli 1936 [= 1976]; MacDowell 1962, pp. 108-109 (vd. inoltre MacDowell
1978, pp. 153-154); Harrison I, pp. 217-219, 311-312 [= 2001, I, pp. 223-225,
314-315],
di Meineke (cfr. Meineke FCG V.l, pp. ccclxiii- ccclxiv). Sul fondamento di Jacobi,
il frammento (edito come ταΐς γραυσίν έξούλης όφλεΐν) è quindi entrato nelle
sillogi comiche di Kock (CAFIII, p. 524, che lo riferisce a Frinico), di Edmonds (EAC
III.A, pp. 462-463) e di Kassel/Austin (PCG Vili, p. 33, i quali riportano la sopra
citata pericope aristidea, stampando con una spaziatura maggiore le parole τάϊς
γραυσίν e έξούλης όφλεΐν). Contro la possibilità che il passo di Aristide contenga
una ripresa comica si è recentemente espressa - con argomentazioni convincen-
ti - Lorenzoni (2009, pp. 254-258).