Σάτυροι (fr. 47)
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testo deW Aldina, che riproduceva paradosis di E, i veteres editores dello scolio
aristofaneo restituivano concordemente al citatum la forma κερκυραΐαι.297
La lexis κορκυραΐαι è invece frutto di un’emendazione moderna, formula-
ta da Dindorf (1838, IV.3, p. 265.5 [ad Av. 1463]), sulla scorta della lettura
κορκυραΐα (sic) attestata dal Marciano. L’intervento correttivo non fu però
esplicitato come tale da Dindorf; il che trasse dunque in inganno tutta la critica
successiva, che restituì la voce κορκυραΐαι a V, preferendola alla lectio di E,
κερκυραΐαι, in considerazione del dato epigrafico per cui la forma Κέρκυρα e
i suoi derivati «ante Euclidem [= 404/3 a. C.] non videtur reperiri» (Kock CAF
I, p. 382; cfr. inoltre Threatte I, p. 217 [ad § 11.014]).
Quanto alla parte finale del v. 1, diversi sono stati i tentativi esperiti nel
corso degli studi, al fine di completare il verso: gli interventi più ‘economi-
ci’ risultano essere a tutt’oggi quelli di Kock (CAF I, p. 382), che integra il
seguente anapesto, <μετρίως>, e di Edmonds (FACI, p. 464), che ricostruisce
un emistichio finale del tipo da sp (δ’ ούδέν /ομοίως». Modifiche consistenti
sul testo della paradosis apportava Blaydes (Adv. II, p. 53): κορκυραΐαι μα Δί’
ούκ όλίγας (scil. πληγάς), da cui prendeva inoltre spunto van Herwerden
(1903, p. 34), per la sua ipotesi di lettura: κορκυραΐαι δ’ ού δή /μικράς (scil.
πληγάς» (un possibile termine di confronto per quest’ultima ricostruzione è
rappresentato da X. Lac. 2. 8: πολλάς πληγάς επέβαλε; un analogo impiego
del verbo έπιβάλλω si registra in Od. VI.320, έπέβαλλεν ίμάσθλην: un passo
da cui Blaydes [1905, p. 334] prendeva le mosse per restituire al citatum la
seguente sintassi: Κορκυραίας δ’ ούδέν { / / έπιβάλλουσιν μάστιγας [sulla
valenza di έπιβάλλω nel frammento vd. infra]).
Interpretazione Per quanto la citazione sia lacunosa, sembra lecito supporre
che la persona loquens stia ironicamente alludendo al fatto che “le fruste di
Corcira non fanno alcun male”, volendo in realtà dire esattamente l’opposto.
Sull’importanza rivestita dal frammento nel corso degli studi, per la ricostru-
zione del possibile plot del dramma vd., supra, ad Contenuto.
Che, nei versi, dietro la menzione delle Κορκυραΐαι μάστιγες debba essere
colto un obliquo riferimento all’episodio del massacro dei sostenitori oligarchi-
ci a Corcira nel 425 a. C., è suggestiva ipotesi di Muhl (1881, p. 90) e di Edmonds
(FACI, P· 465 n. b), evidentemente ricavata dalla notizia offerta dagli scoli ad
Ar. Αν. 1463α.α-β, in cui viene attestato l’utilizzo “frequente” (συνεχώς) di tali
297 Che il codice E abbia rappresentato la fonte principale per la constitutio del testo
dell’Aldina e degli scoli contenuti nell’ editio princeps curata da Musuro, è opinione
oggi prevalentemente accolta dagli studiosi: sulla questione vd. le notazioni di
Zuretti (1892, p. 35), di White (1914, p. Ixxxv e n. 2) e di Holwerda (1991, p. xxxiv).
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testo deW Aldina, che riproduceva paradosis di E, i veteres editores dello scolio
aristofaneo restituivano concordemente al citatum la forma κερκυραΐαι.297
La lexis κορκυραΐαι è invece frutto di un’emendazione moderna, formula-
ta da Dindorf (1838, IV.3, p. 265.5 [ad Av. 1463]), sulla scorta della lettura
κορκυραΐα (sic) attestata dal Marciano. L’intervento correttivo non fu però
esplicitato come tale da Dindorf; il che trasse dunque in inganno tutta la critica
successiva, che restituì la voce κορκυραΐαι a V, preferendola alla lectio di E,
κερκυραΐαι, in considerazione del dato epigrafico per cui la forma Κέρκυρα e
i suoi derivati «ante Euclidem [= 404/3 a. C.] non videtur reperiri» (Kock CAF
I, p. 382; cfr. inoltre Threatte I, p. 217 [ad § 11.014]).
Quanto alla parte finale del v. 1, diversi sono stati i tentativi esperiti nel
corso degli studi, al fine di completare il verso: gli interventi più ‘economi-
ci’ risultano essere a tutt’oggi quelli di Kock (CAF I, p. 382), che integra il
seguente anapesto, <μετρίως>, e di Edmonds (FACI, p. 464), che ricostruisce
un emistichio finale del tipo da sp (δ’ ούδέν /ομοίως». Modifiche consistenti
sul testo della paradosis apportava Blaydes (Adv. II, p. 53): κορκυραΐαι μα Δί’
ούκ όλίγας (scil. πληγάς), da cui prendeva inoltre spunto van Herwerden
(1903, p. 34), per la sua ipotesi di lettura: κορκυραΐαι δ’ ού δή /μικράς (scil.
πληγάς» (un possibile termine di confronto per quest’ultima ricostruzione è
rappresentato da X. Lac. 2. 8: πολλάς πληγάς επέβαλε; un analogo impiego
del verbo έπιβάλλω si registra in Od. VI.320, έπέβαλλεν ίμάσθλην: un passo
da cui Blaydes [1905, p. 334] prendeva le mosse per restituire al citatum la
seguente sintassi: Κορκυραίας δ’ ούδέν { / / έπιβάλλουσιν μάστιγας [sulla
valenza di έπιβάλλω nel frammento vd. infra]).
Interpretazione Per quanto la citazione sia lacunosa, sembra lecito supporre
che la persona loquens stia ironicamente alludendo al fatto che “le fruste di
Corcira non fanno alcun male”, volendo in realtà dire esattamente l’opposto.
Sull’importanza rivestita dal frammento nel corso degli studi, per la ricostru-
zione del possibile plot del dramma vd., supra, ad Contenuto.
Che, nei versi, dietro la menzione delle Κορκυραΐαι μάστιγες debba essere
colto un obliquo riferimento all’episodio del massacro dei sostenitori oligarchi-
ci a Corcira nel 425 a. C., è suggestiva ipotesi di Muhl (1881, p. 90) e di Edmonds
(FACI, P· 465 n. b), evidentemente ricavata dalla notizia offerta dagli scoli ad
Ar. Αν. 1463α.α-β, in cui viene attestato l’utilizzo “frequente” (συνεχώς) di tali
297 Che il codice E abbia rappresentato la fonte principale per la constitutio del testo
dell’Aldina e degli scoli contenuti nell’ editio princeps curata da Musuro, è opinione
oggi prevalentemente accolta dagli studiosi: sulla questione vd. le notazioni di
Zuretti (1892, p. 35), di White (1914, p. Ixxxv e n. 2) e di Holwerda (1991, p. xxxiv).