Σάτυροι (fr. 48)
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strofa» (Prato 1962, p. 31 [adAch. 1194-5], con esempi; vd. inoltre p. 87 [adNu.
1154]); e cfr. White 1912, pp. 214-215 [ad§ 474]; Denniston 1936, pp. 126-127
[in particolare, p. 127]; Zimmermann Π, pp. 36-37; Zimmermann II, p. 20); il
v. 2, costituito dalla sola parola βοάν, è l’inizio del trimetro successivo. Per
quanto concerne invece l’aspetto linguistico, rimarchevole è la patina dorica
che permea i versi (βοάσομαι [...] τάν [...] βοάν): la presenza di dorismi non
deve però sorprendere, trattandosi infatti di una citazione paratragica desunta
da un dramma intitolato alla figura mitologica di Peleo, re di Ftia nella dorica
Tessaglia.
Secondo l’opinione di Edmonds (FACI, pp. 464-465), il frammento conter-
rebbe parte di un corale.
1-2 βοάσομαι... / βοάν Per analoghi casi di figura etimologica in com-
media cfr. Ar. Eq. 487 (κράγον κεκράξεται), Nu. 969 (κάμψειέν riva καμπήν);
in tragedia un esempio è offerto da Aesch. Ag. 1191: ύμνούσι [...] ύμνον.
τάρα La forma univerbata τάρα (τοι + άρα) è documentata nel quinto
secolo solo in testi drammatici: in tragedia (cfr., e.g., Aesch. Ch. 112, 221; Soph.
El. 404, OC 1442; Eur. Hipp. 441, Supp. 496, HF 623, Ph. 712, L4 1189 [va rilevato
che in Aesch. Ch. 221 e in Eur. Supp. 496, IA 1189, la lettura γ’ άρα è un’emen-
dazione moderna]) e in commedia (cfr., e.g., Ar. Ach. 323b, V. 299,1262, Av. 895,
Lys. 435, 439, 443, 447, Ra. 252, 656, Ec. 711, frr. 602.2, 623 [in Ar. V. 1262 e fr.
602.2 costituisce un intervento moderno comunemente accolto dagli editori]).
Nel presente contesto τάρα ricorre a enfatizzare l’intera espressione: cfr. Lowe
1973, p. 58 (a proposito di Ar. Nu. 1154).
ύπέρτονον L’aggettivo è un composto di τόνος (deverbativo a vocalismo
o di τείνω, “tendo”, “distendo”: cfr. Frisk GEWII, s. v. τείνω, p. 863; Chantraine
DELG, s.v. τείνω, p. 1092; Beekes EDG, s.v. τείνω, p. 1458»), sostantivo, che,
in ambito musicale, definisce tecnicamente «il “suono” inteso quale [...]
“prodotto della tensione di una corda” (o della voce)» (Rocconi 2003, p. 21).
Nel presente frammento (così come nel passo delle Nuvole aristofanee e nel
modello tragico) il termine - la cui più antica occorrenza nota si registra in
Aesch. Eum. 569, dove è riferito allo “squillo” (γήρυμα) della salpinx - serve
a qualificare il volume dell’“urlo” (βοάν): sul valore dell’aggettivo in Frinico
cfr. Rocconi 2003, p. 22; vd. inoltre Pearson II, p. 145 [ad fr. 491]: «ύπέρτονος
suggested thè fortissimo of a musical score»; Kaimio 1977, p. 165.
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strofa» (Prato 1962, p. 31 [adAch. 1194-5], con esempi; vd. inoltre p. 87 [adNu.
1154]); e cfr. White 1912, pp. 214-215 [ad§ 474]; Denniston 1936, pp. 126-127
[in particolare, p. 127]; Zimmermann Π, pp. 36-37; Zimmermann II, p. 20); il
v. 2, costituito dalla sola parola βοάν, è l’inizio del trimetro successivo. Per
quanto concerne invece l’aspetto linguistico, rimarchevole è la patina dorica
che permea i versi (βοάσομαι [...] τάν [...] βοάν): la presenza di dorismi non
deve però sorprendere, trattandosi infatti di una citazione paratragica desunta
da un dramma intitolato alla figura mitologica di Peleo, re di Ftia nella dorica
Tessaglia.
Secondo l’opinione di Edmonds (FACI, pp. 464-465), il frammento conter-
rebbe parte di un corale.
1-2 βοάσομαι... / βοάν Per analoghi casi di figura etimologica in com-
media cfr. Ar. Eq. 487 (κράγον κεκράξεται), Nu. 969 (κάμψειέν riva καμπήν);
in tragedia un esempio è offerto da Aesch. Ag. 1191: ύμνούσι [...] ύμνον.
τάρα La forma univerbata τάρα (τοι + άρα) è documentata nel quinto
secolo solo in testi drammatici: in tragedia (cfr., e.g., Aesch. Ch. 112, 221; Soph.
El. 404, OC 1442; Eur. Hipp. 441, Supp. 496, HF 623, Ph. 712, L4 1189 [va rilevato
che in Aesch. Ch. 221 e in Eur. Supp. 496, IA 1189, la lettura γ’ άρα è un’emen-
dazione moderna]) e in commedia (cfr., e.g., Ar. Ach. 323b, V. 299,1262, Av. 895,
Lys. 435, 439, 443, 447, Ra. 252, 656, Ec. 711, frr. 602.2, 623 [in Ar. V. 1262 e fr.
602.2 costituisce un intervento moderno comunemente accolto dagli editori]).
Nel presente contesto τάρα ricorre a enfatizzare l’intera espressione: cfr. Lowe
1973, p. 58 (a proposito di Ar. Nu. 1154).
ύπέρτονον L’aggettivo è un composto di τόνος (deverbativo a vocalismo
o di τείνω, “tendo”, “distendo”: cfr. Frisk GEWII, s. v. τείνω, p. 863; Chantraine
DELG, s.v. τείνω, p. 1092; Beekes EDG, s.v. τείνω, p. 1458»), sostantivo, che,
in ambito musicale, definisce tecnicamente «il “suono” inteso quale [...]
“prodotto della tensione di una corda” (o della voce)» (Rocconi 2003, p. 21).
Nel presente frammento (così come nel passo delle Nuvole aristofanee e nel
modello tragico) il termine - la cui più antica occorrenza nota si registra in
Aesch. Eum. 569, dove è riferito allo “squillo” (γήρυμα) della salpinx - serve
a qualificare il volume dell’“urlo” (βοάν): sul valore dell’aggettivo in Frinico
cfr. Rocconi 2003, p. 22; vd. inoltre Pearson II, p. 145 [ad fr. 491]: «ύπέρτονος
suggested thè fortissimo of a musical score»; Kaimio 1977, p. 165.