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Phrynichos

Macho 421 G.; fuori dalla poesia comica è attestato in autori tardi: cfr. Lxx,
Je. 36. 22; Origenes MPGXI, p. 64.6, XIII, p. 780.31). Si tratta di un composto
di τηγανίζω (“friggere”, “arrostire”; cfr. LSJ, s.v., p. 1780: «fry»), denominale
da τήγανον (vd. supra), e, a seconda del contesto, può significare “friggere”,
“arrostire (in una padella)” (così, per es., nei citati passi di Alexis e di Sotade e,
forse, in Macone; vd. Phryn. PS, p. 16.15: άποταγηνίσαι· άντί τού ταγηνίσαι),
ovvero “mangiare (frittura o arrosto) direttamente dalla padella” («eat from
thè pan»: così, a giudizio di Gow [1965, p. 131], il verbo va inteso «in Phryn.
Com. fr. 57 [= 60] and perhaps in Pherecr. fr. 123 [= 128]»; contrario a questa
distinzione semantica si è mostrato ora Arnott [1996, p. 530]), con riferimento
cioè al τήγανον/τάγηνον, che, in alcuni casi «functioned as a serving vessel as
well» (Olson/Sens 2000, p. 60). D’uso piuttosto tardo è il valore ‘causativo’ di
“far arrostire (qualcuno)” (come tortura: una simile accezione va individuata,
per es., in Lxx, Je. 36. 22; Origenes MPGX1, p. 64.6, XIII, p. 780.31).
άνευ συμβολών Diffura era, ad Atene, la pratica di organizzare banchet-
ti, in cui veniva richiesto agli invitati di partecipare materialmente alle spese
del pranzo sia portando delle pietanze già pronte ovvero da preparare in casa
dell’ospite (cfr., e.g., Pherecr. fr. 57; Ar. Ach. 1096, 1102, 1138, V. 1250-1251;
Xen. Mem. III. 14. 1; il trasporto di questi cibi avveniva solitamente attraverso
l’uso di ceste: di qui la denominazione di δεΐπνον άπό σπυρίδος [cfr. Athen.
Vili. p. 365a]) sia versando un contributo finanziario (δεΐπνον άπό συμβολών:
cfr., e.g., Ar. Ach. 1211 [con Olson 2002, p. 361]; e vd. Athen. Vili. p. 365d), in
genere a conclusione del convito (cfr. Macho 315 G. [con Gow 1965, p. 115]).
In quest’ultimo caso, per avere la certezza che tutti i commensali pagassero
la quota di partecipazione, l’ospite, prima dell’inizio del banchetto, poteva far
depositare, a titolo di garanzia, alcuni oggetti personali, i σύμβολα appunto
(nei vv. 539-541 àeWEunuchus del poeta latino Terenzio, che, com’è noto, per
questa fabula palliata operava una contaminazione tra ΓEunouchos e il Kolax
di Menandro, si parla, ad es., di anuli, “anelli”): su questa prassi conviviale cfr.
Mau 1900b, p. 1202.6-15; Muri 1931; Gow 1965, pp. 68-69; Arnott 1996, p. 87
[ad fr. 15]; vd. inoltre Belardinelli 1998, p. 280 [ad fr. 2.13].
 
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