Incertarum fabularum fragmenta (fr. 61) 297
del pronome riflessivo αυτόν (si tratta della forma attica di εαυτόν: cfr. la varia
lectio di N) come sinonimo di σεαυτόν è ben documentato neU’attico di quinto
secolo (in merito cfr. le notazioni di Fraenkel 1950, III, p. 800 [ad Ag. 1672f.]).
Non pochi problemi ha posto agli esegeti la lectio παρακρούση preservata
al v. 2. Ineccepibile sul piano metrico, il verbo risulta del tutto insoddisfacente
per il senso: «παρακρούειν enim et παρακρουέσθαι est decipere», annotava
Kock (CAPI, p. 3 8 5),324 il quale, recuperando (e migliorando) una precedente
congettura di Meineke (FCG I, p. 155; FCG 11.1, p. 603; Ed.min., p. 237: περι-
κρούση), suggeriva di restituire al frammento la voce περικρούσης (il verbo
περικρούειν era inteso come sinonimo di περικόπτειν: vd. infra), con il pieno
consenso di Edmonds (FACI, p. 468) e, da ultimi, di Kassel/Austin (PCG VII,
p. 420), i quali, pur approvando l’intervento con un «fori, recte», preferiscono
stampare a testo la diortosi di Meineke. Del tutto arbitrario è, sempre al v. 2,
il tentativo di Blaydes (Adv. I, p. 45) di emendare la locuzione παράσχης
διαβολήν (che non presenta problemi) in παράσχης αύ λαβήν.
Al v. 3, va segnalata l’ottima emendazione di Kock, che correggeva la lectio
codicum Διοκλείδα in Διοκλείδη: «nam Διοκλειδης semper Andocides, ac sic
etiam Phrynichus scripsit» (la medesima spiegazione offre anche Blaydes
[Adv. II, p. 53]). Inspiegabilmente, però, la diortosi non è stata recepita né da
Edmonds né dai più recenti editori del testo di Plutarco.
Interpretazione La mutilazione delle erme sacre fu uno degli episodi più tristi
e controversi della storia di Atene: frutto con ogni probabilità dell’iniziativa di
alcune eterie di matrice filo-oligarchica, l’empio gesto - avvenuto poco prima
della partenza per la spedizione in Sicilia (cfr. Th. VI. 30. 1; sulla datazione
dell’episodio vd. Dover [1965; e cfr. inoltre in: HCTTV, pp. 275-276]) - fu subito
interpretato come atto ostile verso il vigente governo democratico e come
infausto presagio in vista dell’imminente campagna militare (cfr. Th. VI. 27. 3).
Andocide (1.15) informa che la bulè ricevette pieni poteri dall’ecclesia di Atene
perché provvedesse a nominare una commissione d’inchiesta (formata da tre
ζητηταί, “pubblici inquisitori”: Diogneto, fratello di Nicia, Caricle e Pisandro [i
nomi si ricavano da And. 1. 14, 36]), che stabilì, “a spese pubbliche” (δημοσία:
Th. VI. 27. 2), un’ingente ricompensa325 per chi avesse fornito informazioni sui
colpevoli del misfatto e, come secondo capo d’accusa (venuto alla luce durante
324 Sul giusto significato da conferire alla lezione dei manoscritti, παρακρούση, si in-
terrogava già Bàhr (1822, p. 174): «nimis frequens haecce verbi est notio decipiendi,
fallendi, circumveniendi [...]. At magis huc facere videtur laedendi significatio».
325 Da Andocide (1. 27) veniamo informati che, in un primo momento, il demagogo
Cleonimo (LGPN11, s.v. [2], p. 268; PAA 579410) fece stanziare per i delatori una
del pronome riflessivo αυτόν (si tratta della forma attica di εαυτόν: cfr. la varia
lectio di N) come sinonimo di σεαυτόν è ben documentato neU’attico di quinto
secolo (in merito cfr. le notazioni di Fraenkel 1950, III, p. 800 [ad Ag. 1672f.]).
Non pochi problemi ha posto agli esegeti la lectio παρακρούση preservata
al v. 2. Ineccepibile sul piano metrico, il verbo risulta del tutto insoddisfacente
per il senso: «παρακρούειν enim et παρακρουέσθαι est decipere», annotava
Kock (CAPI, p. 3 8 5),324 il quale, recuperando (e migliorando) una precedente
congettura di Meineke (FCG I, p. 155; FCG 11.1, p. 603; Ed.min., p. 237: περι-
κρούση), suggeriva di restituire al frammento la voce περικρούσης (il verbo
περικρούειν era inteso come sinonimo di περικόπτειν: vd. infra), con il pieno
consenso di Edmonds (FACI, p. 468) e, da ultimi, di Kassel/Austin (PCG VII,
p. 420), i quali, pur approvando l’intervento con un «fori, recte», preferiscono
stampare a testo la diortosi di Meineke. Del tutto arbitrario è, sempre al v. 2,
il tentativo di Blaydes (Adv. I, p. 45) di emendare la locuzione παράσχης
διαβολήν (che non presenta problemi) in παράσχης αύ λαβήν.
Al v. 3, va segnalata l’ottima emendazione di Kock, che correggeva la lectio
codicum Διοκλείδα in Διοκλείδη: «nam Διοκλειδης semper Andocides, ac sic
etiam Phrynichus scripsit» (la medesima spiegazione offre anche Blaydes
[Adv. II, p. 53]). Inspiegabilmente, però, la diortosi non è stata recepita né da
Edmonds né dai più recenti editori del testo di Plutarco.
Interpretazione La mutilazione delle erme sacre fu uno degli episodi più tristi
e controversi della storia di Atene: frutto con ogni probabilità dell’iniziativa di
alcune eterie di matrice filo-oligarchica, l’empio gesto - avvenuto poco prima
della partenza per la spedizione in Sicilia (cfr. Th. VI. 30. 1; sulla datazione
dell’episodio vd. Dover [1965; e cfr. inoltre in: HCTTV, pp. 275-276]) - fu subito
interpretato come atto ostile verso il vigente governo democratico e come
infausto presagio in vista dell’imminente campagna militare (cfr. Th. VI. 27. 3).
Andocide (1.15) informa che la bulè ricevette pieni poteri dall’ecclesia di Atene
perché provvedesse a nominare una commissione d’inchiesta (formata da tre
ζητηταί, “pubblici inquisitori”: Diogneto, fratello di Nicia, Caricle e Pisandro [i
nomi si ricavano da And. 1. 14, 36]), che stabilì, “a spese pubbliche” (δημοσία:
Th. VI. 27. 2), un’ingente ricompensa325 per chi avesse fornito informazioni sui
colpevoli del misfatto e, come secondo capo d’accusa (venuto alla luce durante
324 Sul giusto significato da conferire alla lezione dei manoscritti, παρακρούση, si in-
terrogava già Bàhr (1822, p. 174): «nimis frequens haecce verbi est notio decipiendi,
fallendi, circumveniendi [...]. At magis huc facere videtur laedendi significatio».
325 Da Andocide (1. 27) veniamo informati che, in un primo momento, il demagogo
Cleonimo (LGPN11, s.v. [2], p. 268; PAA 579410) fece stanziare per i delatori una