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Phrynichos

l’inchiesta per la mutilazione delle erme), delle parodie dei Misteri eleusini
inscenate in alcune case.
Correndo il rischio di risultare sgradito al pubblico - la scelta di trattare, sia
pur in chiave caricaturale, l’episodio scandaloso della mutilazione delle erme
fu infatti a dir poco azzardata da parte di Frinico -, il poeta, in una scena di
grande impatto visivo (e di consolidata tradizione drammaturgica* * 326), imma-
gina un dialogo tra un misterioso (per noi moderni) personaggio scenico e il
busto di Ermes che, animandosi, risponde per le rime all’avvertimento ironi-
camente provocatorio del suo interlocutore a “non rompersi, una volta caduto
per terra” (vv. 1-2).327 Oggetto di scherno nelle battute dei due dialoganti sono

ricompensa di “mille dracme” (χίλιαι δραχμαί), incrementata poi a “diecimila”
(μύριαι) dracme da Pisandro (su quest’ultima figura vd., supra, ad fr. 21.2).
326 La scena è tutta giocata sulla credenza - fortemente radicata nell’uomo gre-
co - secondo cui ogni statua possedeva una sorta di energia vitale derivantegli
dalla materia da cui era costituita ovvero dalla persona/divinità che raffigurava
(sull’argomento vd. ora Guidorizzi 1996, p. 349): nel frammento di Frinico, l’erma,
in quanto ε’ίδωλον di Ermes, è personificazione del dio sulla terra e, quindi, è come
se fosse quest’ultimo a parlare. Per altri esempi, in commedia, di dialoghi tra un
personaggio drammatico e la statua (ovvero una generica effige) di una divinità cfr.
Ar. Nu. 1478-1485 (Strepsiade si rivolge all’erma posta fuori della sua casa); Plato
Com. fr. 204: (A.) ούτος, τίς εν; λέγε ταχύ· τί σιγάς; ούκ έρεϊς; / (Β.) 'Ερμής έγωγε
Δαιδάλου φωνήν έχων / ξύλινος βαδίζων αυτόματος έλήλυθα (“(A.) Tu, dico a
te, chi sei? Parla, svelto! Perché te ne stai in silenzio? Non parlerai? / (B.) (Sono)
un’erma di legno (costruita) da Dedalo, / e sono capace di parlare; sono giunta
(qui) camminando di mia iniziativa”; il passo era così interpretato da Cobet [1840,
p. 179]: «ingenioso invento videtur Plato ligneum aliquem Hermen induxisse, qui
in quaestione de Hermocopidis ipse testimonium diceret, in qua re scite usus est
veteri Graecorum opinione, qui Daedali statuas moveri et vocem edere creduli
putaverant»; in proposito vd. inoltre le notazioni di Kassel 1983, pp. 5-6 [= 1991,
pp. 145-146]). Come non ricordare inoltre la figura di Pace (una statua immaginata
in carne e ossa) nell’omonima commedia di Aristofane (vv. 661-705)? Sul motivo
del dialogo con le statue nella letteratura antica cfr. Kassel 1983 (in particolare, vd.
2 P’
327 A giudizio di Meineke (FCGI, p. 155), il frammento proverrebbe da una scena am-
bientata in un simposio, organizzato dagli ermocopidi, a cui avrebbe partecipato,
in qualità di dramatis persona, anche Ermes, il quale, «vino madidus» e barcollante,
sarebbe stato messo in guardia da uno dei simposiasti perché non si facesse male ca-
dendo. Favorevoli a tale ricostruzione si sono mostrati, fra gli altri, Stiévenart (1851,
p. 28), De Gubernatis (1883, p. 277), Denis (1886, p. 175) e Guglielmino (1945, p. 103);
contrario era invece Rock (CAPI, p. 385), secondo cui rammonimento contenuto nei
vv. 1-3 non sarebbe stato rivolto a un Ermes-personaggio interpretato da un attore,
bensì a un simulacro del dio, che, ai w. 4-5, fornirebbe la sua risposta «tamquam
 
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