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Incertarum fabularum fragmenta (fr. 70)

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(1839, p. 4: τριώβολον δός νυν, δπερ ηλιάζομαι) e di Richter (1858, p. 160 n. *:
τριώβολον· τόσον γάρ ήλιάζομαι359).
Interpretazione II tribunale popolare dell’Eliea - la cui istituzione risalirebbe,
secondo le testimonianze antiche, addirittura a Solone - era il massimo organo
giudiziario nell’Atene democratica. Nell’ultimo trentennio del quinto secolo,
esso constava di 6000 giudici (600 per ogni tribù), reclutati in tutte le classi
sociali fra i cittadini di almeno trent’anni, che si fossero candidati volontaria-
mente aH’inizio dell’anno. Si divideva in dieci sezioni (δικαστήρια), formate
da 600 membri estratti a sorte fra tutte le tribù, in modo tale da assicurare una
maggior obiettività di giudizio. Ognuna delle dieci sezioni trattava singolar-
mente un determinato genere di cause (che potevano riguardare ogni sorta di
affari pubblici e privati, fatta eccezione per le questioni di omicidio, per le liti
private di scarsa importanza e per le cause di diritto marittimo). La fissazione
di una diaria - inizialmente di due oboli, poi, a quanto sembra, incrementata
a tre, a partire dall’ultimo venticinquennio del quinto secolo: vd. supra - per
ogni giudice, la cui carica durava circa 300 giorni, rendeva tale ufficio parti-
colarmente ambito dalle classi medie e inferiori, dagli anziani e, soprattutto,
da chi non praticava alcuna attività. Proprio quest’ultimo dato rende piuttosto
diffìcile il riconoscimento dell’identità della persona loquens che pronunciava
i versi; e, d’altra parte, l’esiguità della citazione e l’assenza di un maggiore
contesto non contribuiscono a far luce sulla questione.
1 τριώβολον Per il termine come clausola giambica vd., supra, ad fr. 53.
2 ηλιάζομαι II verbo - un denominale da ήλιαία (sul vocabolo cfr.
Dunbar 1995, p. 169 [ad Av. 109]) - è attestato esclusivamente al medio e si-
gnifica “essere membro del tribunale dell’Eliea o sedere al tribunale dell’Eliea”,
“essere un eliasta” (cfr. LSJ, s. v., p. 768: «sii in thè court Ηλιαία», «be a Heliast»),
Le prime occorrenze note del vocabolo si registrano nella commedia di quinto
secolo: oltre a Frinico, cfr. Ar. Eq. 797 (πεντωβόλου [πεντώβολον codd.: corr.
Kuster 1710, p. 210] ήλιάσασθαι), V. 772έ>, Lys. 380.

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Blaydes (Adv. I, p. 45) suggeriva di leggere anche τριώβολον· τόσου γάρ ήλιάζομαι.
 
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