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Phrynichos

(vd. suprd), era noto l’impegno nel campo della didattica musicale (consistente
presumibilmente in lezioni impartite a pagamento). Non va tuttavia esclusa
la possibilità che il termine alluda alla ‘tecnicità virtuosistica’ dell’arte del
musico, talmente complessa da risultare ‘ipersofisticata’.
3 Μουσών σκελετός L’espressione non è di agevole comprensione:
chi parla potrebbe voler alludere all’aspetto fisico di Lampro, descrivendo
il personaggio per mezzo dell’immagine - nient’affatto nuova in commedia,
come dimostra l’esempio del ditirambografo Cinesia (vd. infra) - del musico
emaciato (così, per es., intende il sintagma la quasi totalità degli esegeti, che
traduce la pericope con locuzioni quali “scheletro delle Muse” e simili365); la
persona loquens, come suggeriva Meineke (FCG ILI, p. 602), potrebbe però
far riferimento anche alle qualità canore di Lampro, che descriverebbe come
μουσικός capace, con il suo canto, di “disseccare” le Muse («nisi forte est
qui cantu suo maciem affert Musis»): tale esegesi - su cui è ora impostata la
traduzione di Olson (I, p. 251): «who starves thè Muses» (una valenza ‘attiva’
per l’aggettivo σκελετός postula anche Storey [FOCHI, p. 79], che rende il sin-
tagma con «mummifier of thè Muses») - è forse da preferirsi alla precedente,
in quanto l’immagine di Lampro “che inaridisce le Muse con il suo canto” ben
si attaglierebbe al ritratto del kòmddoumenos contenuto nel v. 3, in cui oggetto
di scherno sembrano essere le sue (pessime) doti canore.
σκελετός Con funzione sostantivata, l’aggettivo (un deverbativo da
σκέλλω, “disseccare”) non è attestato prima di Frinico. L’epiteto ricorre con
valore attributivo in Plato Com. fr. 200.3, in cui è detto a proposito del poeta
ditirambico Cinesia (proverbialmente noto per la sua eccessiva magrezza).
Sul significato del termine veniamo illuminati dallo Pseudo Erodiano (Epim.,
p. 122.11-12): σκελετός· ó κατάξηρος (= Ps.-Zonar. p. 1650.10-11); cfr. inoltre
Orion p. 146.31-32: σκελετός· ó άπεξηραμμένος (= EMp. 716.42); Suid. σ 555:
σκελετός· ό ξηρός.
άηδόνων ήπίαλος Per mezzo dell’espressione la persona loquens sembra
voler alludere - come osservava per primo Erfurdt (1812, p. 434) - alle doti di

365 Conti 1556, p. 58c: «Musarum ariditas»; de Jonghe 1558, p. 96: «Musarum sceletos»
(così anche Daléchamps 1583, p. 35); Muret 1580, p. 225: «Musarum aridum & exsic-
catum cadaver»; Lefèbvre I, p. 161: «squélette des Muses» (così anche Desrousseaux
1956, p. 109); Schweighàuser Athen. I, p. 169: «Musarum siccum cadaver»; Yonge I,
p. 72: «dry skeleton of thè Muses»; Edmonds FACI, p. 471: «mummy of thè Muse»;
Gulick I, p. 193: «dry bones of thè Muses»; Turturro 1961, p. 217: «scheletro delle
Muse» (così anche Restani 1983, p. 189; A. Marchiori, in: Ateneo I, p. 131; Beta 2009,
p. 165); Rodriguez-Noriega Guillén I, p. 189: «esqueleto de las musas»; Friedrich I,
p. 78: «Musenmummie»; Rusten 2011, p. 333: «cadaver of thè Muses».
 
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