Έπιάλτης sive Εφιάλτης (fr. 1)
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Bibliografia Bekker 1829, p. 179 [ad schol. ad V. 1348]; Meineke FCG ILI,
p. 581 [Έφ. fr. ii]; Emperius, p. 309; Meineke Ed.min., p. 228 [Έφ. fr. ii]; Bothe
PCGF, pp. 209-210 [Έφ. fr. 2]; Kock CAFI, p. 370; Kaibel 1889, p. 39; Blaydes
Adv. I, p. 43; Blaydes Adv. Il, p. 51; van Herwerden 1903, pp. 32-33; Breitenbach
1908, p. 66 n. 170; Schmidt 1910, p. 1029; Edmonds FACI, pp. 452-453 [fr. 1];
Kassel/Austin PCG VII, pp. 395-396; Storey FOCHI, pp. 50-51 [fr. 1]
Contesto della citazione Questi versi sono citati dall’antico scoliaste aristo-
faneo in merito alla discussione relativa alla forma verbale έφιαλεΐς, 2a persona
singolare del futuro attivo di έφιάλλω, contenuta in V. 1348 (la lettura έφιαλεΐς
è in realtà data da Eust. in Od. p. 1403.16; i codici aristofanei recano come testo
ούδέ φιαλείς [RV] ovvero ούδέ φιαλώς [Γ]). L’esegeta connette il termine con
έπιάλλω, composto verbale il cui impiego viene documentato in Od. XXII.49,
nell’Epialtès (sic) di Frinico e nel fr. 565 del Tnphales di Aristofane.
Testo II testo edito da Kassel/Austin riflette la paradosis di V (e del codice
G [= Venetus Marcianus gr. Z. 475 (coll. 825)], un apografo di V, limitatamente
al presunto avverbio locativo έσωθεν, che V legge come έσω con la lettera
θ in interlinea sopra ω), che è l’unico testimone del frammento (Γ, infatti,
si interrompe bruscamente dopo le parole όνομα δέ). Nella forma in cui è
tramandata, la citazione può dire veramente ben poco: di qui i vari tentativi
di emendazione esperiti dagli studiosi, per conferire al passo un senso logico
e una completezza metrica.
I primi aggiustamenti si devono a Meineke (FCG ILI, p. 581), il quale,
partendo dalla trascrizione che del frammento dava Bekker (1829, p. 179 [ad
schol. ad V. 1348]), όνομα δέ τω τοϋτ’ ήν έσωθεν γην τε μή έστω φιάλτης αν-
δραγαθίας οϋνεκα έτι έπιαλάς60 χρηστά λε άπωλόμην, ricostruiva i seguenti
trimetri giambici: όνομα δέ τούτω γ’, ήν τε έσωθεν ήν τε μή, / έστω ’φιάλ-
της ανδραγαθίας οϋνεκα, / ότιή ’πιήλας χρηστά λέγων (oppure λέγειν61)
άπωλόμην. Gli interventi congetturali di Meineke erano recepiti da W. Dindorf
(ap. PiGL' III, s.v. έφιάλλω, p. 2566d), con la sola eccezione della locuzione
ήν τε σωθώ γ’ ήν τε μή, che lo studioso restituiva al ν. 1 (l’intervento sarà poi
accolto da Meineke in Ed.min. p. 228 e in FCG V.l, p. 40).
60 In realtà, nel foglio 170r di V si legge έπιάλας e non έπιαλάς: cfr. Koster 1978, p. 214.
61 L’integrazione λέγων (oppure λέγειν) è supportata dal fatto che, in V, è frequente
l’impiego del segno grafico λέ per abbreviare forme verbali di λέγω (anche in com-
posti): cfr., per es., la voce λέγει abbreviata con λέ nel foglio 153r (relativamente allo
schol. Ar. V. 325b) e cfr., nello stesso foglio, la forma έκλε per έκλέγουσιν (= schol.
Ar.V. 333a).
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Bibliografia Bekker 1829, p. 179 [ad schol. ad V. 1348]; Meineke FCG ILI,
p. 581 [Έφ. fr. ii]; Emperius, p. 309; Meineke Ed.min., p. 228 [Έφ. fr. ii]; Bothe
PCGF, pp. 209-210 [Έφ. fr. 2]; Kock CAFI, p. 370; Kaibel 1889, p. 39; Blaydes
Adv. I, p. 43; Blaydes Adv. Il, p. 51; van Herwerden 1903, pp. 32-33; Breitenbach
1908, p. 66 n. 170; Schmidt 1910, p. 1029; Edmonds FACI, pp. 452-453 [fr. 1];
Kassel/Austin PCG VII, pp. 395-396; Storey FOCHI, pp. 50-51 [fr. 1]
Contesto della citazione Questi versi sono citati dall’antico scoliaste aristo-
faneo in merito alla discussione relativa alla forma verbale έφιαλεΐς, 2a persona
singolare del futuro attivo di έφιάλλω, contenuta in V. 1348 (la lettura έφιαλεΐς
è in realtà data da Eust. in Od. p. 1403.16; i codici aristofanei recano come testo
ούδέ φιαλείς [RV] ovvero ούδέ φιαλώς [Γ]). L’esegeta connette il termine con
έπιάλλω, composto verbale il cui impiego viene documentato in Od. XXII.49,
nell’Epialtès (sic) di Frinico e nel fr. 565 del Tnphales di Aristofane.
Testo II testo edito da Kassel/Austin riflette la paradosis di V (e del codice
G [= Venetus Marcianus gr. Z. 475 (coll. 825)], un apografo di V, limitatamente
al presunto avverbio locativo έσωθεν, che V legge come έσω con la lettera
θ in interlinea sopra ω), che è l’unico testimone del frammento (Γ, infatti,
si interrompe bruscamente dopo le parole όνομα δέ). Nella forma in cui è
tramandata, la citazione può dire veramente ben poco: di qui i vari tentativi
di emendazione esperiti dagli studiosi, per conferire al passo un senso logico
e una completezza metrica.
I primi aggiustamenti si devono a Meineke (FCG ILI, p. 581), il quale,
partendo dalla trascrizione che del frammento dava Bekker (1829, p. 179 [ad
schol. ad V. 1348]), όνομα δέ τω τοϋτ’ ήν έσωθεν γην τε μή έστω φιάλτης αν-
δραγαθίας οϋνεκα έτι έπιαλάς60 χρηστά λε άπωλόμην, ricostruiva i seguenti
trimetri giambici: όνομα δέ τούτω γ’, ήν τε έσωθεν ήν τε μή, / έστω ’φιάλ-
της ανδραγαθίας οϋνεκα, / ότιή ’πιήλας χρηστά λέγων (oppure λέγειν61)
άπωλόμην. Gli interventi congetturali di Meineke erano recepiti da W. Dindorf
(ap. PiGL' III, s.v. έφιάλλω, p. 2566d), con la sola eccezione della locuzione
ήν τε σωθώ γ’ ήν τε μή, che lo studioso restituiva al ν. 1 (l’intervento sarà poi
accolto da Meineke in Ed.min. p. 228 e in FCG V.l, p. 40).
60 In realtà, nel foglio 170r di V si legge έπιάλας e non έπιαλάς: cfr. Koster 1978, p. 214.
61 L’integrazione λέγων (oppure λέγειν) è supportata dal fatto che, in V, è frequente
l’impiego del segno grafico λέ per abbreviare forme verbali di λέγω (anche in com-
posti): cfr., per es., la voce λέγει abbreviata con λέ nel foglio 153r (relativamente allo
schol. Ar. V. 325b) e cfr., nello stesso foglio, la forma έκλε per έκλέγουσιν (= schol.
Ar.V. 333a).