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Έπιάλτης si ve Εφιάλτης (fr. 2)

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e vd. Anderson 1966, p. 58. Sulla kithara vd. Michaelides 1978, s. v. kithara,
pp. 168-169; West 1992, pp. 51-56; Mathiesen 1999, pp. 258-269.
2 αΰλειν L’aulos era il più importante tra gli strumenti a fiato, compo-
sto, nella sua forma più nota, da due tubi di materiale vario (o di canna, o di
corno, o di osso, o d’avorio, o di bronzo: in merito cfr. Poli. IV. 71), dotati di
quattro ovvero più fori e riuniti all’estremità da un’imboccatura generalmente
ad ancia doppia (non va tuttavia esclusa la possibilità che i Greci conoscessero
anche Γ aulos a una sola canna). Su tale strumento musicale vd. Michaelides
1978, s. v. aulos, pp. 42-46; West 1992, pp. 81-109; Mathiesen 1999, pp. 177-222.
έδίδαξας II verbo διδάσκω esprime l’atto di “istruire” qualcuno ovvero
di “insegnare” qualcosa (cfr. LSJ, s. v. [I], p. 421:, «instruct a person», «teach a
thing»), o comunicando una conoscenza (sia pratica che teorica) attraverso
la ripetizione di atti e/o di nozioni che mirano a farla assimilare in modo gra-
duale e, proprio per questo, più profondo, oppure portando all’acquisto di una
determinata abilità. Esso, dunque, racchiude in sé due momenti, riferendosi, da
un lato, all’intelligenza di chi riceve finsegnamento e, dall’altro, al livello di
conoscenza di colui che impartisce l’insegnamento. Sul verbo e sul suo etimo
vd. ora Castrucci 2013, pp. 231-239.66

66 Suggestionato dall’uso dell’aoristo έδίδαξας, Comparetti (1919-1920, pp. 200-203)
ritenne di poter ricondurre al dramma di Frinico un’iscrizione graffita a spira-
le sul sottopiede di una grande kotyle a figure nere (vi è dipinta una scena di
giovani nudi e donne), databile al VI secolo a. C. e rinvenuta a Terravecchia di
Grammichele, nell’agro catanese. L’iscrizione appariva allo studioso nella seguente
forma: επαλτες poi ευδα / δεδαξε δ’ αποτερος; e, dopo essere stata “traslittera-
ta” in «caratteri posteuclidei»: Έπιάλτες poi ηϋδα / δίδαξε δ’ ά(μ)ποτέρο(υ)ς (si
tratterebbe della parte finale e dell’ incipit di due trimetri giambici consecutivi),
veniva così tradotta: «Efialte parlò a lui ma insegnò ad ambedue». Nel solco del suo
scenario ricostruttivo, Comparetti reputò l’iscrizione «non più tarda dei principi del
400» e tracciata da uno scrivente che doveva «aver assistito» alla messa in scena
dell’Epialtés/Ephialtés di Frinico «in qualche teatro di Sicilia» (forse lo studioso
aveva in mente la testimonianza relativa alla morte del commediografo in Sicilia:
vd., supra, ad T 2b). Recenti studi condotti sull’iscrizione da Manganare (2003,
pp. 151-152) hanno però rivelato l’esistenza di un testo differente rispetto a quello
restituito da Comparetti: ρολτεσφοζευδαιδεδαξεδαποτερομ; una scriptio continua,
che Manganare ha così disposto: ρολτέσφό- Ζεΰ, δαΐ, δεδαξε, Δα, ποτέρ(ι)ομ, e
interpretato, con l’ausilio di un «pizzico di fantasia»: «Di Oltiskos, o Zeus in che
modo ha impartito lezione, o Terra, un bicchiere?». Si tratterebbe dunque di un
testo di contenuto simposiale. Secondo l’opinione di Agostiniani / Cordano (2002,
pp. 82-83), l’iscrizione potrebbe però non essere in lingua greca. Al di là delle varie
discussioni linguistiche, le possibilità di mettere in relazione il detto graffito con
Frinico appaiono francamente nulle.
 
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