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Κωμασταί

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vittoria spettò ai Kòmastai di Amipsia, che ottennero il primo posto davanti
agli Uccelli di Aristofane e al Monotropos di Frinico. Sorprende, tuttavia, che
della pièce di Amipsia, nonostante il successo così prestigioso, non si siano
conservate altre notizie e, soprattutto, frammenti. Una circostanza a dir poco
singolare che T. Bergk (ap. Fritzsche 1835, p. 322) riteneva di poter spiegare
nei termini che seguono: «credo [...] non Amipsiam verum fuisse auctorem
comoediae, sed ipsum Phrynichum, qui cum duas fabulas composuisset,
Monotropum et Commissatores, lege autem vetitum esset, ne quis comicus
poeta duas simul committeret fabulas, alteram tradidit Amipsiae, ut suo nomi-
ne doceret: hinc in didascaliis quidem ista comoedia consignata est Amipsiae
nomine, sed verus auctor statim innotuit, ut solet fieri, hinc grammatici quae
ex Commissatoribus proferunt, ea Phrynicho tribuunt».104 Nell’ottica rico-
struttiva dello studioso, agli agoni dionisiaci del 414 a. C., si sarebbe dunque
riproposta una situazione analoga a quella verificatasi in occasione delle Lenee
del 422 a. C., quando Aristofane, avendo composto due drammi, per non in-
frangere le vigenti regole agonali (che vietavano ai poeti di presentare in gara
più commedie a proprio nome), lasciò per sé le Vespe, cedendo nominalmente
il Proagàn a un altro poeta, Filonide (peraltro, già regista delle Vespe), al quale
la pièce venne poi ufficialmente ascritta (cfr. Arg. I Ar. V, p. 206.34-36).105

104 Tale ipotesi è stata successivamente ripresa in Bergk 1838, pp. 369-370: «existimo
[...] Phrynichum, cum duas comoedias scripsisset, lege autem interdictum esset, ne
quis comicus poeta duos simul choros a praetore impetraret, alteram suo nomine
docuisse Monotropum, alteram tradidisse Amipsiae Comastas, qui tanquam ipse
composuisset docendi facultatem peteret [...]. In illas [...] tabulas, quae publica
auctoritate conscribebantur, Amipsias, qui apud praetorem nomen suum professus
erat, referendus erat, non is qui revera scripsit fabulam Phrynichus»; cfr. inoltre
Bergk 1887, p. 97 con n. 145.
105 Per il Proagón come dramma aristofaneo vd. Russo 1962 (cfr. inoltre Russo 1984,
pp. 191-192 [e vd. Russo 1994, pp. 121-122]); Mastromarco 1994, pp. 53-54. Nel cor-
so degli studi, la tesi di Bergk ha goduto di un vasto e autorevole seguito: cfr., e.g.,
Meineke FCG1, pp. 155, 203-204; Struve 1841, p. 67; Wilamowitz 1870, p. 31; Muhl
1881, p. 89; Denis 1886, pp. 175-176 con n. 2; Kòrte 1941, p. 919.44-52; Geissler
1925, p. 54; Norwood 1931, p. 152 η. 1; Guglielmino 1945, pp. 98-99, 102; Edmonds
FACI, pp. 457 n. b, 483 n. a; Mensching 1964, p. 36; Kraus 1972, p. 828.50-59; Luppe
1972, p. 61 n. 39 (vd. inoltre Luppe 1984, p. 16 n. 2); Katz 1976, pp. 356-357 n. 10 (pur
con qualche dubbio); Bonanno 1979, pp. 326, 328; Grani 1980, p. 330; Sommerstein
1987, p. 1 η. 1; Canfora 1989, p. 212 con n. 12 [= 1994, p. 283 con n. 18]; Bourriot
1995a, p. 402,1995b, p. 368 n. 260; K.J. Dover (ap. Dunbar 1995, p. 1 n. 2; cfr. inoltre
ap. Harvey/Wilkins 2000, p. 521); Marshall/van Willigenburg 2004, p. 100 n. 52;
Chronopoulos 2006, p. 141-142 con n. 16; Kyriakidi 2007, p. 95 n. 174; Gkaras
 
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