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Phrynichos

[vd., nello specifico, p. 343 n. 38]); Scheidel (1996); in generale, sullo πτιστικόν
αυλημα vd. Jung 1897, s.v., p. 279; Hinrichs 1908, p. 47; Lambin 1992, p. 171.
Secondo Polluce (IV. 56), tale motivo musicale aveva inoltre la denominazione
di πτισμός, come testimonia il fr. 8 degli Encheirogastores di Nicofonte (άλλ’ ’ίθι
προσαύλησον σύ νων πτισμόν τινα), citato dopo il trimetro di Frinico (vd. su-
pra; per l’esegesi del frammento nicofonteo vd. ora Pellegrino 2013, pp. 45-46);
e, come suggeriva Casaubon (1600, pp. 563.50-564.1; 1621, p. 893.24-29; cfr.
inoltre Bapp 1885, pp. 120,123), con il medesimo canto popolare andrà identifi-
cato anche il generico ώδή [...] των πτισσουσών di cui si fa menzione in Athen.
XIV. p. 619a in merito alla discussione sui vari stornelli e motivetti campestri,
tema principale delle pp. 618d-619f del XIV libro dei Sofisti a banchetto. Da
Ar. Nu. 1357-1358, ó δ’ εύθέως άρχαΐον εΐν’ εφασκε το κιθαρίζειν / αδειν τε
πίνονθ’, ώσπερεί κάχρυς γυναϊκ’ άλοϋσαν (“e lui subito dice che suonare la
kithara / e cantare mentre si beve è una cosa antiquata: proprio come una
donna che macina orzo”: sull’esegesi del passo cfr. Dover 1968a, p. 253; e vd.
Fabbro 1998) si ricava infine che le donne erano solite intonare un canto anche
in occasione della molitura dell’orzo.113

fr. 15 (15 K.)

είτα κεραμεύων αν ο’ίκοι σωφρόνως Χαιρέστρατος
εκατόν <άν) τής ήμέρας |εκλαιεν| οίνου κανθάρους

1 αν οϊκοι Dobree Adv. II, ρ. 332, Letronne 1833b, ρ. 36 n. 2: αν ο’ίκω A: αν οϊκω
Β 2 αν add. Erfurdt 1812, ρ. 467 | έκλαιεν AB, quae lectio cum metro consonai,
attamen sensu caret, vd., infra, ad Testo
e poi, lavorando come vasaio a casa sua, sobriamente Cherestrato
cento boccali di vino al giorno

Athen. XI. p. 474b
(de cantharo) Φρύνιχος Κωμασταίς· “είτα — κανθάρους”
(a proposito del kàntharos) Frinico nei Kdmastai: ...

113 Che la pratica di accompagnare i faticosi lavori manuali nei campi con canti e
musiche fosse più che comune nel mondo greco trova conferma anche in ambito
ceramografìco: in una terracotta della fine del VI secolo a.C., proveniente da Tebe
e ora conservata al Museo del Louvre (nr. inv. CA 804), è raffigurata una fila di
quattro donne intente a macinare grano ovvero a impastare farina, assistite da un
auleta che ne cadenza il ritmo di lavoro: cfr. Muller 1974, p. 265 tav. 102.
 
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