236
Phrynichos
Al contesto cui appartiene il verso citato da Ateneo va inoltre fatta risalire
la notizia, preservata da Polluce (VII. 23), secondo cui Frinico avrebbe fatto
uso, nelle Poastriai, dell’espressione άρτοι διπυρίται.
Testo II frammento conservato da Ateneo non presenta difficoltà testuali.
Qualche problema si registra invece a proposito della testimonianza pol-
lucea, relativamente alla forma διπυρίτας: per tale lettura Kassel/Austin
(PCG VII, p. 412) si uniformano al testo critico di Bethe (II, p. 58), il primo a
dare piena fiducia, in questo punto, alla paradosis del codice Schottiano (S).
I veteres editores di Polluce (da Francini [1520, p. 224.26] a Dindorf [1824,
II, p. 65.21-22]), invece, restituivano al commediografo la voce πυρίτας, se-
guendo la vulgata di Manuzio (1502, p. 262.11), che desumeva tale lezione dal
suo modello contaminato, che, nel punto in questione, attingeva con ogni
probabilità al testo di un discendente di B (sul manoscritto messo a frutto da
Manuzio per Γeditio princeps dell’Onomasticon vd., supra, ad fr. 14); Meineke
(PCG II. 1, p. 595, Ed.min., p. 234) - seguito da Bothe (PCGF, p. 216) e da Bekker
(1846, p. 279; e cfr. Kock CAPI, pp. 380-381, che, però, assegna erroneamente
l’intervento a Bekker) - preferiva invece leggere αύτοπυρίτας, destinando
cioè la sua preferenza alla correzione prospettata da un anonimo studioso ap.
Lederlin/Hemsterhuys 1706, p. 701 n. 91, che, sulla base del confronto con
il passo di Ateneo, si era espresso in merito alla possibilità di sostituire con
αύτοπυρίτας il tràdito διπυρίτας. Quest’ultima forma mi sembra comunque
plausibilissima, in quanto supportata dalle parole che Polluce fa seguire dopo
la citazione di Frinico: άρτους — Φρύνιχος, Αλκαίος δ’ έν Γανυμήδει (fr. 2)·
“διπύρους τε θερμούς, οί δίπυροι δ’ είσίν τίνες; / άρτοι τρυφώντες”. Del resto,
l’errata lettura πυρ(ρ)ίτας attestata nel resto della tradizione manoscritta è
facilmente spiegabile come esito di una semplificazione apiografica prodottasi
nella sequenza δέ διπυρίτας.
Interpretazione Poche indicazioni vengono dala lettura del frammento tràdi-
to da Ateneo, il cui schema metrico può forse essere indicativo di una sua
provenienza da una delle sezioni epirrematiche della parabasi o dell’agone
epirrematico ovvero dalla parodo (vd., supra, ad fr. 15). Proprio in ragione della
possibile collocazione della citazione nell’economia strutturale del dramma,
viene da chiedersi se dietro la menzione di due pietanze di scarso pregio (vd.
infra) non possa celarsi dell’altro. Magari una metafora gastronomica. L’uso
di immagini “tropiche” con termini desunti dal lessico gastronomico/culinario
non è affatto infrequente nei testi comici: basti pensare, ad es., agli ‘anapesti’
538-539 dei Cavalieri di Aristofane, in cui, attraverso una metafora culinaria,
si descrive la τέχνη ποιητική di Cratete, il quale, “con una modica spesa”
(από σμικράς δανάπης), era in grado di offrire al pubblico presente a teatro
Phrynichos
Al contesto cui appartiene il verso citato da Ateneo va inoltre fatta risalire
la notizia, preservata da Polluce (VII. 23), secondo cui Frinico avrebbe fatto
uso, nelle Poastriai, dell’espressione άρτοι διπυρίται.
Testo II frammento conservato da Ateneo non presenta difficoltà testuali.
Qualche problema si registra invece a proposito della testimonianza pol-
lucea, relativamente alla forma διπυρίτας: per tale lettura Kassel/Austin
(PCG VII, p. 412) si uniformano al testo critico di Bethe (II, p. 58), il primo a
dare piena fiducia, in questo punto, alla paradosis del codice Schottiano (S).
I veteres editores di Polluce (da Francini [1520, p. 224.26] a Dindorf [1824,
II, p. 65.21-22]), invece, restituivano al commediografo la voce πυρίτας, se-
guendo la vulgata di Manuzio (1502, p. 262.11), che desumeva tale lezione dal
suo modello contaminato, che, nel punto in questione, attingeva con ogni
probabilità al testo di un discendente di B (sul manoscritto messo a frutto da
Manuzio per Γeditio princeps dell’Onomasticon vd., supra, ad fr. 14); Meineke
(PCG II. 1, p. 595, Ed.min., p. 234) - seguito da Bothe (PCGF, p. 216) e da Bekker
(1846, p. 279; e cfr. Kock CAPI, pp. 380-381, che, però, assegna erroneamente
l’intervento a Bekker) - preferiva invece leggere αύτοπυρίτας, destinando
cioè la sua preferenza alla correzione prospettata da un anonimo studioso ap.
Lederlin/Hemsterhuys 1706, p. 701 n. 91, che, sulla base del confronto con
il passo di Ateneo, si era espresso in merito alla possibilità di sostituire con
αύτοπυρίτας il tràdito διπυρίτας. Quest’ultima forma mi sembra comunque
plausibilissima, in quanto supportata dalle parole che Polluce fa seguire dopo
la citazione di Frinico: άρτους — Φρύνιχος, Αλκαίος δ’ έν Γανυμήδει (fr. 2)·
“διπύρους τε θερμούς, οί δίπυροι δ’ είσίν τίνες; / άρτοι τρυφώντες”. Del resto,
l’errata lettura πυρ(ρ)ίτας attestata nel resto della tradizione manoscritta è
facilmente spiegabile come esito di una semplificazione apiografica prodottasi
nella sequenza δέ διπυρίτας.
Interpretazione Poche indicazioni vengono dala lettura del frammento tràdi-
to da Ateneo, il cui schema metrico può forse essere indicativo di una sua
provenienza da una delle sezioni epirrematiche della parabasi o dell’agone
epirrematico ovvero dalla parodo (vd., supra, ad fr. 15). Proprio in ragione della
possibile collocazione della citazione nell’economia strutturale del dramma,
viene da chiedersi se dietro la menzione di due pietanze di scarso pregio (vd.
infra) non possa celarsi dell’altro. Magari una metafora gastronomica. L’uso
di immagini “tropiche” con termini desunti dal lessico gastronomico/culinario
non è affatto infrequente nei testi comici: basti pensare, ad es., agli ‘anapesti’
538-539 dei Cavalieri di Aristofane, in cui, attraverso una metafora culinaria,
si descrive la τέχνη ποιητική di Cratete, il quale, “con una modica spesa”
(από σμικράς δανάπης), era in grado di offrire al pubblico presente a teatro