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Τραγωδοί ή Απελεύθεροι (fr. 53) 277
permette di appurare se costui fosse presente sulla scena ovvero se si tratti di
una figura menzionata solo a parole. L’azione espressa dal verbo λαβέ (“pren-
di”, cioè “compra”) sembra prefigurare una scena ambientata in un mercato.
περιστέριον Si tratta di una forma diminutivale in -tov di περιστερά.
Con questo nome gli antichi Greci designavano, comunemente, diverse specie
di volatili appartenenti alla famiglia Columbidae ovvero, nello specifico, il
piccione selvatico (Columba livia Gmelin), nonché il suo “parente” da alle-
vamento, il piccione domestico (Columba livia domestica Gmelin): in merito
cfr. Thompson 1936, s.v. Περιστερά, pp. 238-247; Dunbar 1995, p. 250 [ad Av.
302]; Arnott 2007, s. v. Peristera, p. 177. In generale, sui diminutivi in -ιον vd.,
supra, ad fr. 26.
αύτώ ... λαβέ Nel frammento, il verbo λαμβάνω è da intendersi secondo
la sfumatura semantica di “prendere”, cioè “comprare” (cfr. LSJ, s.v. [Il.l.h],
p. 1027: «purchase»), come, e.g., in Pherecr. fr. 86; Ar. Pax 1263, Ra. 1236 (λήψει
[...] οβολού), fr. 258.1; Antiph. 27.4, 13; Ephipp. fr. 15.5; Alex. fr. 115.3, 9: per
ulteriori esempi in letteratura vd. Pellegrino 2000, p. 162. Alcune difficoltà
esegetiche, imputabili all’esiguità della citazione e, soprattutto, all’assenza di
un contesto d’appartenenza, riguardano invece il pronome personale αύτω,
che Fritzsche (1845, p. 371 [adRa. 1227 (= 1229)]) traduceva con «ab aliquo»,
conferendo cioè al costrutto λαμβάνειν τινί il medesimo valore di πρίασθαί
τινι ovvero di ώνεΐσθαί τινι (αύτω andrebbe cioè inteso come «dativus com-
modi, quoniam qui mercem emit gratum fecit venditori»: così van Leeuwen
1896, p. 183 [ad Ra. 1229]). Riserve sul modo in cui Fritzsche interpretava il
passo esprimeva però Blaydes (Adv. II, p. 53): «non [...] λαβείν τινι (emere ab
aliquo) ut πρίασθαί τινι dicebant». D’altra parte, la communis opinio tende a
considerare αύτω come un semplice complemento di termine: cfr., per es., le
traduzioni offerte da Conti (1556, p. 836: «ipsi cape»), da Daléchamps (1583,
p. 487: «illi eme»), da Marolles (1680, p. 965: «suffitpour luy»), da Yonge (III,
p. 1046: «bring him»), da Bothe [PCGF, p. 217: «illi [...] sume»), da Gulick (Vili,
p. 9: «buy far him»), da Edmonds (FACI, p. 467: «buy [...] far him»), da Olson
(VII, p. 323: «buy him») e da Storey (FOCIII, p. 73: «buy [...] far him»).
τριωβόλου Genitivo di prezzo. Nel sistema monetario attico, un τριώβο-
λος era equivalente a mezza δραχμή, vale a dire a una somma modesta; per
quello che è noto, ad Atene corrispondeva alla paga giornaliera di un marinaio
in guerra (cfr. Th. Vili. 45. 2; Plut. Ale. 35. 5), nonché all’indennizzo dei giudici
popolari (vd., infra, adir. 70) o dei partecipanti all’ecclesia (almeno dal quarto
secolo: cfr. Ar. Ec. 292, 308, 380, 392; Arist. Ath. 41. 3). In alcuni passi comici,
il triobolo rappresenta il compenso delle prostitute: cfr., e.g., Plato Com. fr.
188.17; Antiph. fr. 293.3; Epicr. fr. 3.18; vd. inoltre Macho 308 G. Come clausola
di trimetro giambico il sostantivo vanta non poche occorrenze in commedia:
 
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