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Τραγωδοί ή Απελεύθεροι (fr. 57) 287
or love)» (Mastronarde 2002, p. 168 [ad Med. 24]; con tale accezione è peraltro
già impiegato nel su citato passo odissiaco, in cui “a digiuno, senza toccare cibo
o bevanda” è Penelope, in ansia per le sorti del figlio Telemaco); in commedia è
in genere impiegato per esprimere Videa più ‘materialistica’ di uno stato d’in-
digenza e/o di consunzione fisica (cfr., e.g., Plato Com. fr. 28.3; Alex. fr. 167.8
[con Arnott 1996, p. 484]; Antiph. frr. 120.4, 216.9-10; Men. fr. 179). Frequente è
inoltre l’uso del termine nella trattatistica medica (cfr., e.g., Hp. Coac. 633 [= V,
p. 730.14 Littré]; Mul. I. 43 [= Vili, p. 102.2 Littré]; VM 11 [=1, p. 594.18 Littré]).
άποτος Per l’aggettivo sono note due possibili valenze: una ‘passiva’,
“che non si può bere”, “non potabile” (cfr. LSJ, s. v. [I], p. 224: «not drinkable»),
detto, ad es., dell’acqua (cfr., e.g., Heraclit. 22 B 61 D.-K.7; Hdt. IV. 81); e una ‘at-
tiva’, “che non beve” (cfr. LSJ, s. v. [II.2], p. 224: «not drinking»), in riferimento a
esseri viventi (persone ovvero animali: cfr., e.g., Hdt. IV. 192 [si parla di asini];
Plato Phdr. 259c [cicale: vd. sopra]; Soph. Aj. 324 [vd. sopra]). Nel presente
verso άποτος ha un significato ‘attivo’. In commedia, oltre a Frinico, l’agget-
tivo ricorre nel fr. 76.1 della Koriannà di Ferecrate, dove serve a qualificare il
vino annacquato (e, dunque, “imbevibile”). In tragedia è attestato nel sopra
citato v. 324 deH’Aiace di Sofocle. Come il precedente άσιτος, l’epiteto è ben
testimoniato nel lessico medico (cfr., e.g., Hp. Aèr. 1 [= II, p. 12.21 Littré], Morb.
III. 16 [= VII, p. 152.20 Littré], dove è detto di un infermo che “si mantiene senza
bere” per prescrizione medica; vd. Epid. IL 3. 7 [= V, p. 110.2 Littré], VI. 2. 4
[= V, p. 278.10 Littré], in cui ha valore sostantivato e indica coloro che hanno
difficoltà a bere; cfr. inoltre Conti Bizzarro 1988-1989, p. 281 con n. 57).
άναπόνιπτος “Non lavato”, detto soprattutto delle mani: l’antico scolia-
ste ad Ar. Eq. 357b Jones (= Suid. a 2034) spiega άναπόνιπτος - si tratta di un
aggettivo verbale negativo (tale valore è conferito dal prefisso ά(ν)- (<*n-)) da
άπονίζω, composto di νίζω (“lavare”, “pulire”): per l’etimologia del termine vd.
Chantraine DELG, s.v. νίζω, p. 754; Arnott 1996, p. 463) - con μή νιψάμενος
μηδέ πλύνας τάς χεΐρας. Gli antichi Greci avevano l’usanza di detergersi le
mani prima e dopo i pasti. Secondo la teoria di Aristofane di Bisanzio (fr. 368
Slater), in Attico esisteva una precisa terminologia al riguardo: il grammatico
attesta infatti che l’espressione κατά χειρός (ϋδωρ) designava l’abluzione pre-
cedente Γάριστον ovvero il δείπνον, mentre con la forma verbale άπονίψασθαι
si indicava la stessa azione praticata a conclusione del banchetto, e cioè poco
prima dell’inizio del simposio: cfr. Ar. V. 1216-1217; in linea con la testimo-
nianza del filologo alessandrino si pongono Orus fr. B. 37 Alpers e lo schol.
[VTLh; Aid.] Ar. V. 1216; contro Athen. IX. p. 410b-c, secondo cui la locuzione
κατά χειρός era impiegata per l’abluzione delle mani anche “dopo il pasto”
(μετά τό δειπνήσαι; a parere di Slater [1986, p. 134; cfr. inoltre Slater 1989b],
Ateneo starebbe seguendo la dottrina di Polemone di Ilio [fr. 62 Preller]).
 
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