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310

Phrynichos

(GrGr III. 1, pp. 321.24-322.3) - relativa alla definizione della corretta accen-
tazione e del genere dei nomi indicanti la pianta e il frutto della mandorla.
Muovendo dalla teoria di Panfilo di Alessandria (I d. C.), che precettava di
indicare il frutto o con un termine femminile parossitono, άμυγδάλη, o con un
sostantivo neutro e proparossitono, άμύγδαλον (in entrambi i casi, la parola è
baritona, vale a dire senza accento sull’ultima sillaba: fr. 1 Schmidt) e la pianta
con il femminile perispomeno αμυγδαλή,340 l’erudito passa a considerare le
opinioni di Aristarco di Samotracia (III-II a. C.), che prescriveva di indicare
tanto il frutto quanto l’albero con il femminile ossitono αμυγδαλή,341 e del
grammatico Filosseno (I a. C.), il quale sosteneva che il nome corretto sia per
il frutto che per la pianta fosse αμυγδαλή (fr. 437a Theodoridis). Il trimetro di
Frinico viene dunque citato insieme ad altri passi comici (cfr. Eup. fr. 79; Ar.
fr. 605) come iUustrandum del precetto di Filosseno.342

340 Concorda con Panfilo anche il grammatico Trifone (I d. C.), che, secondo la testi-
monianza di Athen. Epit. II. p. 53a-b (= fr. 13 von Velsen), pronunciava αμυγδαλήν
μέν τον καρπόν βαρέως, δν ήμεΐς ούδετέρως άμύγδαλον λέγομεν, άμυγδαλάς
δέ τά δένδρα, κτητικού παρά τον καρπόν δντος τού χαρακτήρας καί διά τούτο
περισπωμένου.
341 Secondo fopinione di Lehrs (1833, p. 313, 18823, p. 298) e di Ludwich (1884, p. 73), la
nota prosodica che Ateneo attribuisce ad Aristarco non sarebbe affatto attendibile,
perché in netta contraddizione con analoghe prese di posizione del grammatico
alessandrino in materia di accento: cfr., per es., Phot, σ 187, 188 (con Theodoridis
ad loc.).
342 Meride (a 15; cfr. a 98) attesta però che la forma corretta in Attico per indicare la
mandorla era άμυγδάλη: cfr. Herbst 1910, pp. 13-14. E, d’altra parte, il femminile
parossitono è impiegato dallo stesso Frinico al v. 4 del fr. 73 (vd. infra); cfr. inoltre
Pherecr. fr. 158.1; Eup. fr. 271.1; Philyll. fr. 24; e vd. Antiph. fr. 138.2. Merita di essere
segnalato che Musuro (1514a, p. a 28) leggeva il frammento come άμυγδάλη τής
βηχός άγαθόν φάρμακον (e una pronuncia parossitona del sostantivo avevano
anche i versi di Eupoli e di Aristofane citati prima del trimetro di Frinico), rica-
vando tale lezione dalla paradosis del suo modello, «a corrupt apograph of thè
Marcianus [...], which in all probability had prefixed to it [...] those portions of thè
Epitome that preceded thè opening page of thè Marcianus» (Arnott 2000, p. 50).
L’autorevolezza della vulgata di Musuro, accettata senza riserve per oltre tre secoli
dai veteres editores di Ateneo, fu però definitivamente smentita da Dindorf (1827,
I, p. 122), al quale si deve il merito di aver portato per la prima volta all’attenzione
della comunità scientifica il testo di C (άμυγδαλή), uno dei due principali testi-
moni deìì’Epitome (E reca invece άμυγδάλη). Con ogni probabilità influenzato dai
precetti degli atticisti, Blaydes (Adv. II, p. 53) suggeriva di correggere άμυγδαλή in
άμυγδάλη.
 
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