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322

Phrynichos

πολύ έψημα έχων [~ Hsch. γ 628]; vd. inoltre Athen. Epit. I. p. 31e: καί γλύξις
δ’ οίνος καλείται ό τό έή/ημα έχων347). Sul vocabolo vd. inoltre Jung 1897, p. 77.
ύπόχυτος Noto in poesia esclusivamente in Frinico e in Com.Adesp. fr.
771 (in cui, secondo Polluce [III. 56], il testimone del frammento, l’epiteto
qualificherebbe, presso i κωμικοί [...] παλαιότεροι, il “cattivo cittadino”),
l’aggettivo fa parte del gruppo di derivati del verbo ύποχέω, composto di χέω
(“versare”). Riferito al vino, s’incontra solo nel fr. anepigrafo 6 Garcia Lazaro
(= 32 Blinkenberg) di Timachida di Rodi (I a. C.?) che lo impiega a proposito
del vino “Rodio” (per cui cfr. Athen. Epit. I p. 32e, dove lo si definisce un vino
“per lo più [...] di poco pregio”, πολύς [...] αχρείος). Equiparare un ποιητής
a un vino annacquato, non doveva essere forse troppo dissimile dal definirlo
ύδροπότης; sull’immagine del poeta bevitore d’acqua = cattivo poeta vd.,
supra, ad Interpretazione.
Πράμνιος Menzionato già in Omero (cfr. II. XI.639, Od. X.235348), il
Πράμνιος era uno dei vini più rinomati nel mondo antico. Lo storico Eparchide
(III a. C.?), citato da Ateneo (Epit. I. p. 30b), sosteneva che si producesse a Icaro,
un’isola (oggi nota con il nome di Icaria) situata nelle vicinanze della costa
dell’Asia Minore (cfr. FGrHist 437 F 1), in cui, secondo la testimonianza di Semo
di Deio (FGrHist 397 F 6a), sorgevano una “rupe Pramnia” (Πράμνιον πέτραν) e
accanto ad essa un “grande monte” (όρος μέγα), dal quale proveniva il suddetto
vino (άφ’ ού τον Πράμνιον οίνον).349 Secondo Didimo (ρ. 77), citato da Athen.

347 Plinio il vecchio (Mi XIV. 121) attesta che l’aggiunta di mosto bollito (o vin cotto:
in greco, έψημα) era praticata per addolcire vini ritenuti particolarmente aspri e
duri. Secondo Dioscoride (V. 6. 5), i vini così adulterati sarebbero poco salutari
per l’uomo, poiché provocherebbero mal di testa, ebbrezza e flatulenza, e inoltre
sarebbero dannosi per lo stomaco.
348 Nei citati luoghi dei! Iliade e dell Odissea, il vino Pramnio - l’unica varietà di vino
menzionata da Omero oltre al celebre vino d’Ismaro - è sempre utilizzato come
base per la preparazione di altre bevande (un κυκεών, un “miscuglio” tonificante,
in II. XI.641; la pozione di cui Circe si serve per tramutare in porci i compagni di
Odisseo, in Od. X.235).
349 La notizia dell’esistenza di una “rupe Pramnia” a Icaro è oggi considerata con
sospetto dalla critica, che, sul fondamento delle osservazioni di Jacoby (FGrHist
Illb, Komm., p. 286), ritiene la testimonianza una probabile trovata campanilistica
di Eparchide, che, forse originario di quell’isola, attribuì ad essa la paternità della
produzione di uno dei vini più celebri dell’antichità. Per il tramite di Eparchide
la notizia confluì poi nell’opera antiquaria di Semo di Deio. D’altra parte, anche
Alcifrone di Magnesia al Meandro, citato da Athen. Epit. I. p. 31d come fonte di
notizie sulla regione di Efeso, sosteneva che il Πράμνιος fosse prodotto in un
villaggio montano (noto come Leto ovvero Latorea) della sua terra natale. Il poeta
 
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