Appendice
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Crono”; ma la presenza del referente in accusativo δραχ[μήν proietta il verbo
χράω in un campo semantico preciso e più ‘quotidiano’, giacché εχρησε non
potrà che valere “dare in prestito”: un significato che è reso ancor più chiaro
dall’ incipit del verso successivo (κάτ’ ούκ άπέλαβε). Con doublé entendreypào)
è quindi impiegato nei vv. 11-13: dapprima (vv. 11-12), in costruzione con una
serie di accusativi, il verbo ricorre nell’accezione di “prestare”; poi, al v. 13,
χράω regge rinfinitiva έκ τής βασιλείας δ’ έκπεσείν υπό π[αιδίου e, dunque,
vale come sinonimo di “vaticinare”. Sul Witz verbale realizzato nel frammento
cfr. Kòrte 1930, p. 473; Kòrte 1932, p. 55; Platnauer 1933, p. 165 n. 1; Edmonds
FAC II, p. 9 n. h; Xanthakis-Karamanos 1994, p. 338; Olson 2006, p. 126 [ad
Cl.9-14]. Per l’uso di χράω nel senso di “dare in prestito” cfr., e.g., Arist. EN
1162b.33; Piu. Phil. 13. 2; per il verbo come sinonimo di “dare un oracolo”, detto
di Apollo, cfr., e.g., Aesch. Eum. 202-203; Soph. El. 35; Eur. Ph. 409.
Απόλλων Crasi per ό Απόλλων. Per altre occorrenze in commedia di tale
forma univerbata cfr. Ar. Ra. 1184 (con Dover 1993b, p. 336); Antiph. fr. 120.15
(con Kassel/Austin PCG II, p. 374); vd. inoltre Dunbar 1995, pp. 389-390 [ad
Av. 584]. Il nome è enfatizzato dalla cesura pentemimere che precede.
10 ταυτα δή Come suggerisce Austin (1973, p. 201), il pronome dimo-
strativo ταύτα vale qui “per questa ragione”, “ecco perché”, come, per es., in
Ar. Ach. 90 (con Olson 2002, pp. 100-101), Eq. 125, Nu. 318, Pax 414-415; Plato
La. 179c; in merito vd. Kùhner/ Gerth Π.1, p. 310 [Anm. 6]. La particella δή ha
valore connettivo (per questo uso di δή cfr. Denniston GP, p. 230).
θυμόν πνέ[ων L’espressione serve a conferire al verso una sfumatura
di alta poeticità (cfr. l’impiego di analoghe locuzioni in Eur. Ba. 620 [θυμόν
έκπνέων]; Ps.-Eur. Rh. 786 [θυμόν πνέουσαι]; vd. inoltre Aesch. Ch. 33 [κότον
πνέων]; Taillardat 1965, p. 79 [ad § 123]) e, nel contempo, si pone in antitesi
con il contenuto prosaico dei vv. 11-12.
11. έτέραν ... [ά]ξ[ίαν Deve essere qui sottinteso un sostantivo come
χρείαν o simile: cfr. Olson 2007, p. 126 [ad Cl.9-14].
ούκέτι] δρα[χ]μώ[ν Kassel/Austin (PCGVili, p. 355) segnalano l’occor-
renza della medesima sequenza prosodica (—^^ I ; molto rara: cfr. Fraenkel
1959, p. 21 n. 27 [= 1964, p. 440 n. 3]; Dover 1968a, pp. 207-208; West 1982,
pp. 89-90) in Ar. Lys. 52.
12 σκευάρια Generalmente impiegato al plurale (la forma singolare
ricorre, e.g., in Ar. PI. 1139; Diph. fr. 19.2), il vocabolo - un derivato di σκεύος
(“vaso”, “recipiente”, “utensile”, “arredo”; il termine è attestato soprattutto al
plurale) con l’aggiunta del suffisso con valore diminutivale -άριον: cfr. Frisk
GEWII, s. v. σκεύος, p. 727; Chantraine DELG, s.v. σκεύος, p. 1015; Beekes
EDG, s. v. σκεύος, p. 1348 - designa propriamente dei generici “accessori” (della
casa). Si tratta di un sostantivo tipico del lessico comico di V-IV secolo: cfr.
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Crono”; ma la presenza del referente in accusativo δραχ[μήν proietta il verbo
χράω in un campo semantico preciso e più ‘quotidiano’, giacché εχρησε non
potrà che valere “dare in prestito”: un significato che è reso ancor più chiaro
dall’ incipit del verso successivo (κάτ’ ούκ άπέλαβε). Con doublé entendreypào)
è quindi impiegato nei vv. 11-13: dapprima (vv. 11-12), in costruzione con una
serie di accusativi, il verbo ricorre nell’accezione di “prestare”; poi, al v. 13,
χράω regge rinfinitiva έκ τής βασιλείας δ’ έκπεσείν υπό π[αιδίου e, dunque,
vale come sinonimo di “vaticinare”. Sul Witz verbale realizzato nel frammento
cfr. Kòrte 1930, p. 473; Kòrte 1932, p. 55; Platnauer 1933, p. 165 n. 1; Edmonds
FAC II, p. 9 n. h; Xanthakis-Karamanos 1994, p. 338; Olson 2006, p. 126 [ad
Cl.9-14]. Per l’uso di χράω nel senso di “dare in prestito” cfr., e.g., Arist. EN
1162b.33; Piu. Phil. 13. 2; per il verbo come sinonimo di “dare un oracolo”, detto
di Apollo, cfr., e.g., Aesch. Eum. 202-203; Soph. El. 35; Eur. Ph. 409.
Απόλλων Crasi per ό Απόλλων. Per altre occorrenze in commedia di tale
forma univerbata cfr. Ar. Ra. 1184 (con Dover 1993b, p. 336); Antiph. fr. 120.15
(con Kassel/Austin PCG II, p. 374); vd. inoltre Dunbar 1995, pp. 389-390 [ad
Av. 584]. Il nome è enfatizzato dalla cesura pentemimere che precede.
10 ταυτα δή Come suggerisce Austin (1973, p. 201), il pronome dimo-
strativo ταύτα vale qui “per questa ragione”, “ecco perché”, come, per es., in
Ar. Ach. 90 (con Olson 2002, pp. 100-101), Eq. 125, Nu. 318, Pax 414-415; Plato
La. 179c; in merito vd. Kùhner/ Gerth Π.1, p. 310 [Anm. 6]. La particella δή ha
valore connettivo (per questo uso di δή cfr. Denniston GP, p. 230).
θυμόν πνέ[ων L’espressione serve a conferire al verso una sfumatura
di alta poeticità (cfr. l’impiego di analoghe locuzioni in Eur. Ba. 620 [θυμόν
έκπνέων]; Ps.-Eur. Rh. 786 [θυμόν πνέουσαι]; vd. inoltre Aesch. Ch. 33 [κότον
πνέων]; Taillardat 1965, p. 79 [ad § 123]) e, nel contempo, si pone in antitesi
con il contenuto prosaico dei vv. 11-12.
11. έτέραν ... [ά]ξ[ίαν Deve essere qui sottinteso un sostantivo come
χρείαν o simile: cfr. Olson 2007, p. 126 [ad Cl.9-14].
ούκέτι] δρα[χ]μώ[ν Kassel/Austin (PCGVili, p. 355) segnalano l’occor-
renza della medesima sequenza prosodica (—^^ I ; molto rara: cfr. Fraenkel
1959, p. 21 n. 27 [= 1964, p. 440 n. 3]; Dover 1968a, pp. 207-208; West 1982,
pp. 89-90) in Ar. Lys. 52.
12 σκευάρια Generalmente impiegato al plurale (la forma singolare
ricorre, e.g., in Ar. PI. 1139; Diph. fr. 19.2), il vocabolo - un derivato di σκεύος
(“vaso”, “recipiente”, “utensile”, “arredo”; il termine è attestato soprattutto al
plurale) con l’aggiunta del suffisso con valore diminutivale -άριον: cfr. Frisk
GEWII, s. v. σκεύος, p. 727; Chantraine DELG, s.v. σκεύος, p. 1015; Beekes
EDG, s. v. σκεύος, p. 1348 - designa propriamente dei generici “accessori” (della
casa). Si tratta di un sostantivo tipico del lessico comico di V-IV secolo: cfr.