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Έπιάλτης sive Εφιάλτης (fr. 2)

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Metro Trimetri giambici.
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Bibliografìa Musuro 1514a, p. 53.25; Meineke FCG 11.1, pp. 581-582 [Έφ.
fr. iii]; Meineke Ed.min., p. 228 [Έφ. fr. iii]; Bothe PCGF, p. 210 [Έφ. fr. 3];
Kock CAF1, p. 370; Edmonds FAC I, pp. 452-453 [fr. 2]; Kassel/Austin PCG
VII, p. 396; Storey FOCHI, pp. 50-51 [fr. 2]
Contesto della citazione Questi trimetri giambici sono preservati da Ateneo
nella sezione del IV libro dei Sofisti a banchetto in merito alla discussione
sull’arte auletica e sulla passione degli antichi Greci verso questa disciplina.
Testo Al v. 2, è accolta da tutti gli editori la lettura τ’ έδίδαξας, restituita da
Musuro (1514a, p. 53.25), al posto della lectio codicum τε διδάξας.
Interpretazione L’interpretazione della situazione scenica non è agevole e,
in assenza di qualsiasi suggerimento nel testimone che cita il passo, la com-
prensione dei versi si deve basare unicamente sull’evidenza del testo: la perso-
na loquens del frammento (che, per convenzione, chiameremo A) sembra porre
la sua domanda a un interlocutore, B, verosimilmente dotato di una discreta
preparazione in campo musicale o, comunque, ritenuto capace di impartire a
un terzo personaggio, C, presente sulla scena (cfr. l’uso, al v. 1, del pronome de-
ittico τουτονί) le nozioni basilari della citaretica e dell’auletica. Pensare quindi
che, per mezzo di questi trimetri, A si stia rivolgendo a un maestro di musica
non sarebbe affatto fuori luogo. La colpa di questo presunto didaskalos - che
Bode (1840, p. 216 n. 4) suggeriva audacemente di identificare con il musico
Conno (su questa figura vd., infra, ad Κόννος) - appare gravissima: egli non
ha adempiuto ai suoi doveri didattici, poiché non ha insegnato al suo ‘allievo’,
C, a suonare la κιθάρα e 1’αύλός, due strumenti (soprattutto il primo) ritenuti
fondamentali nel curriculum degli studi elementari di un giovane ateniese; e,
visto che, nell’Atene di quinto secolo, non conoscere i primi rudimenti della
musica era sinonimo di ignoranza (esemplari, in tal senso, sono i trimetri
959 e 989 delle Vespe di Aristofane: cfr. MacDowell 1971, p. 256 [ad V. 959]),
nonché di bassa estrazione sociale (l’istruzione era infatti appannaggio dei
privati cittadini), non si può escludere che A stia forse alludendo, tra le righe,
al modesto livello culturale (e anche sociale?) di C.
Un’analoga combinazione di strumenti musicali (a corda e a fiato) ricorre
anche nel fr. 232 di Aristofane, citato da Ateneo prima del distico di Frinico
(δστις αύλοίς καί λύραισι κατατέτριμμαι χρώμενος / είτά με σκάπτειν κε-
λεύεις;): come ha argomentato Cassio (1977, p. 74), i versi, desunti dai Daitalès
(rappresentati nel 427 a. C.: cfr. Ar. testt. iv-v, in PCG III.2, p. 122), contengono
 
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